«Da noi pochi canali ma il canone Rai lo paghiamo intero»
FORNO DI ZOLDO
«Ancora una volta chi vive in montagna è considerato un cittadino di serie B». Il pagamento del canone Rai va di traverso all’amministrazione comunale di Forno di Zoldo e al suo vicesindaco, Debora Calchera, che sottolinea la discriminazione che il servizio pubblico televisivo riserva a chi abita in zone di montagna poco popolate e quindi poco appetibili commercialmente dalle grandi reti e carenti di infrastrutture tecnologiche. «Qui si prendono al massimo i soliti tre canali Rai», sbotta l’assessore, «i soldi del canone però li vogliono tutti».
Entro il 31 gennaio anche i cittadini di Forno dovevano versare i 112 euro di canone allo Stato per l’erogazione del servizio televisio pubblico. L’introduzione del digitale terrestre avrebbe dovuto garantire, paradossalmente, un maggior numero di canali Rai rispetto al vecchio sistema analogico (15 canali), con un’estensione della gamma dell’offerta che, eventualmente, avrebbe giustificato anche l’aumento del canone stesso, oltre a offrire canali e servizi interattivi con una qualità video e audio migliore e contenuti locali specifici per ogni territorio. «Ebbene: nel nostro Comune i canali Rai ricevuti continuano ad essere i 3 tradizionali», ribadisce il vicesindaco Calchera, «a meno che uno non abbia acquistato un ricevitore satellitare il che, in ogni caso, ha comportato una spesa straordinaria». Perché? E’ la domanda per cui è fin troppo facile individuare la risposta: «Il fornitore del servizio ha scelto di non investire nell’installazione dei ripetitori per poche persone». Dopo queste premesse Calchera si chiede: «In base a quale logica i nostri cittadini sono tenuti a versare l’intera quota del canone quando il servizio erogato è esattamente del 20% rispetto all’offerta per cui il cittadino paga? Non è forse pensabile che chi riceve un servizio minore per quantità e qualità, contribuisca, di conseguenza, in minor misura? Ritengo vergognoso che noi abitanti della montagna veniamo tenuti in considerazione come cittadini soltanto quando è ora di pagare le tasse, ma non nel diritto a usufruire dei servizi per cui paghiamo».
Ezio Franceschini
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi