Da Palermo a Belluno con la promessa del lavoro

Aurelio Arena fa l’autista di Dolomitibus. «Ad agosto mi lasceranno a casa ma per due mesi ho lavorato senza mascherina»

Paola Dall’Anese / belluno

«Sono stato assunto a settembre 2019 e a fine agosto l’azienda mi lascerà definitivamente a casa, anche se al momento dell’assunzione mi avevano promesso che allo scadere del contratto sarei stato riconfermato a tempo indeterminato». C’è molta amarezza ma anche tanta rabbia in Aurelio Arena, 53 anni di Palermo che era stato assunto quasi un anno fa da Dolomitibus come autista. E ora, secondo quanto confermato dal presidente dell’azienda Andrea Biasiotto e dai sindacati di categoria, a fine agosto non avrà più la possibilità di vedere il suo contratto rinnovato, questa volta a tempo indeterminato. Ma Arena non ci sta a subire passivamente quella che definisce una «ingiustizia».

«L’anno scorso», racconta, «avevo risposto all’annuncio che la società aveva pubblicato sul suo sito in cui cercava nuovo personale. Io avevo appena terminato un contratto con una società di trasporto palermitana e quindi ho colto subito la palla al balzo».

Arena è salito a Belluno, «mi sono sottoposto ai colloqui di rito, alle prove pratiche di guida, e alle visite mediche e alla fine mi hanno preparato il contratto di assunzione per un anno con la promessa che sarebbe stato trasformato a tempo indeterminato allo scadere».

Ed è con queste rassicurazioni che Aurelio ha lasciato la moglie e due figli a Palermo per venire a Belluno. Anzi, «ero pronto a far venire quassù anche mia moglie per vivere qua, se mi avessero confermato il contratto», ci spiega.

Tutto sembrava andare nel verso giusto, quando è arrivato purtroppo il Covid-19. «Allo scoppio della pandemia», spiega l’autista, «io e altri colleghi siamo stati messi subito in prima linea, mentre altri autisti, riducendosi le ore di lavoro e di servizio, sono andati in ferie. E così da febbraio fino alla fine di aprile io ho guidato gli autobus senza alcun dispositivo di protezione individuale: né mascherina né altro. Con il rischio di prendermi il virus, ma soprattutto di poterlo trasmettere agli utenti», ci tiene a precisare Aurelio Arena.

«Dopodiché sono scaduti i primi contratti a maggio e non sono stati rinnovati. E così abbiamo saputo che nemmeno i nostri di fine agosto avrebbero avuto una continuazione. I sindacati hanno provato a reagire, ma senza alcun risultato, tanto che a giugno altri tre autisti sono andati a casa. Per cui, dopo aver lavorato nel clou dell’epidemia senza protezione, ora mi si dà il ben servito».

Arena, che ora è in cassa integrazione fino alla fine di luglio, è tornato a Palermo: «Dopo 14 giorni di quarantena mi sono sottoposto al tampone che è risultato per fortuna negativo». Ma lui non ci sta ad accettare questa situazione.

«Andrò da un avvocato e sicuramente invierò una diffida all’azienda. Perché, a mio parere, deve rispondere del fatto che lasciandomi senza dispositivi di protezione potevo infettarmi o infettare qualcuno dei passeggeri che ho trasportato in questi mesi e che ora dopo tutto questo mi lascia a casa. E io, con la promessa dell’assunzione definitiva, ho fatto delle spese, ho un mutuo da pagare e ora che resterò alla mia età senza impiego, sarò in grande difficoltà». —

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