Dai cavalli del nonno ai camion: la storia della famiglia De Bona

la storia
«Il cavallo è ancora oggi protagonista nello stemma di famiglia, perché è da lì che mio nonno Giovanni è partito tanti anni fa, trasportando legna per le segherie bellunesi e inerti del Piave, necessari alle prime imprese dell’epoca». Daniele De Bona, titolare della De Bona A. & Figlio snc di Belluno, società di autotrasporti, guarda al passato con orgoglio, ma anche come all’origine di una traiettoria. Che nei decenni si è modificata, si è evoluta, ha seguito il corso dell’economia bellunese, adattandosi e sviluppandosi sempre nel trasporto. «E la mia decisione di proseguire questa attività di famiglia è una precisa scelta di vita: a me non piace stare in ufficio, io vivo il mio lavoro sui camion, sui cantieri, a contatto coi clienti».
Classe 1962, De Bona è un autotrasportatore di seconda generazione, avendo preso le redini dell’azienda paterna ancora molto giovane, per la prematura scomparsa del padre Angelo. Oggi, dopo oltre 35 anni di attività, gestisce un’impresa con tre dipendenti, che opera nel settore dei trasporti e dei servizi legati all’edilizia.
Ma le origini, si diceva, risalgono al nonno Giovanni, al suo carro e ai suoi cavalli, un personaggio che venne illustrato nella sua lapide funeraria dallo scultore Franco Fiabane. «Aveva due carri, uno per i tronchi e uno con ribaltabile a binda, con una sorta di cric manuale, un demoltiplicatore di sforzo, che consentiva di alzare il rimorchio per rovesciare i materiali inerti. In alcuni tratti del territorio, come ad esempio alle Rive di Tugna a Bolzano Bellunese, c’erano però salite talmente irte che due cavalli da soli non bastavano; allora nonno si metteva d’accordo con un collega che faceva lo stesso lavoro e, attaccando insieme i loro puledri, facevano una quadriglia e superavano insieme la difficoltà. Ci tengo a sottolineare come mio nonno col suo lavoro abbia contribuito alla nascita dell’imprenditorialità bellunese: il legno è stata la base culturale della nostra economia prima che arrivasse l’industria; poi per le costruzioni c’era la necessità di approvvigionare il territorio di inerti per l’edilizia».
La svolta, quando papà Angelo prese la patente facendo il militare e nel 1952, a vent’anni, acquistò il primo autocarro, passando, così dagli animali al mezzo meccanico: «Poi con lui vengono a lavorare i fratelli Massimiliano e Luciano. E il secondo mezzo arriva con la patente di Massimiliano».
Poi come è andata?
«L’azienda si è sviluppata fino alla gestione di 5 autocarri e una sabbiera, “vagliatrice a tasse” per selezionare i materiali: si raccoglieva ancora il sasso dal fiume e nelle cave».
E poi è arrivato lei...
«Mia madre, quando mi sono diplomato, non voleva che facessi il mestiere di famiglia perché aveva visto la fatica fatta da mio padre in tutta la sua vita. Avrebbe preferito che andassi a lavorare in Comune o in banca, o che facessi la carriera militare, e in questa direzione mi spingeva. Ma io avevo già scelto. Sono subentrato nel 1984 e subito dopo è partita la metanizzazione in provincia; così ho deciso di abbandonare l’escavazione sul Piave e ci siamo dedicati a fornire servizi a chi predisponeva queste opere, che sono andate avanti circa 15 anni. Una nicchia che ci ha dato parecchio ossigeno e dalla quale è poi nata la nostra successiva evoluzione, ovvero la decisione di concentrarci sul servizio di trasporto per chi noleggia gru, pale ed escavatori per le costruzioni».
Chi sono i vostri clienti?
«Aziende come Cofiloc e Franco Clo, che vendono o affittano questi mezzi meccanici e che noi trasportiamo con i nostri mezzi speciali, come un bilico con rimorchio ribassato e con le rampe. Poi ho fondato con un socio un’altra azienda, la Ricicla services srl, che noleggia cassoni scarrabili e gestisce per l’edilizia rifiuti ed inerti che vanno portati nelle discariche e nei siti di recupero».
Pensa di crescere come dimensione aziendale?
«No, non sento questa necessità, abbiamo tre autisti e così restiamo: punto piuttosto su qualità del servizio e professionalità. E poi non è facile trovare personale qualificato».
Perché?
«Il nostro è pur sempre un lavoro difficile, che ti impegna molto e a volte richiede di restare 4/5 giorni fuori casa. Inoltre farsi una patente è costoso, da 4.500 a 5.000 euro; e poi ci sono corsi specialistici per i gruisti, le abilitazioni, etc. Si fa fatica a trovare le persone con la giusta passione».
Gli affari come vanno?
«Non mi posso certo lamentare, anche se la parte burocratica (corsi, aggiornamenti, sicurezza, registrazione, fatturazione elettronica) va a sovraccaricare sempre di più i conti aziendali. Nelle nostre zone siamo ben conosciuti, anche se non ci chiamiamo Amazon, Tnt o Traco, ed i clienti ci cercano per la qualità del lavoro che possiamo garantire, perché riusciamo a soddisfare con tempestività le loro esigenze di trasporto. Semmai il problema sarà dopo questi eventi: che ne sarà dell’economia in provincia? Difficile dirlo. Sì, potrei crescere ancora, ma...».
Ma?
«Sul futuro dell’edilizia e dei trasporti ci sono molti punti interrogativi. Comunque investiamo sul rinnovo dei mezzi, che costano anche più di centomila euro l’uno. Perché fare al meglio il nostro mestiere è fondamentale. Noi artigiani ci identifichiamo con la nostra impresa. È la nostra famiglia, la nostra immagine». —
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