"Dal cielo cadevano chicchi come mandarini"
Parabrezza infranti, tegole rotte, orti distrutti: ingenti i danni della grandinata. Colpite Lamosano, Funes, Irrighe e Molini
CHIES D’ALPAGO
. Finestrini delle auto in frantumi, tegole dei tetti rotte, persone ferite. E’ il risultato della grandinata che venerdì si è abbattuta su Chies d’Alpago lasciando dietro di sè uno strascico di danni ingenti. Le frazioni più colpite quelle di Lamosano, Funes, Molini e Irrighe. I chicchi caduti avevano le dimensioni di mandarini e in alcuni casi raggiungevano i 500 grammi di peso. A Chies sono stati attimi di paura per i residenti che all’improvviso sono stati investiti da «un fumo bianco seguito dalla caduta dal cielo di uova di ghiaccio», raccontano.
Ma la grandine ha interessato anche Longarone, anche se con esiti nettamente inferiori all’Alpago. Qui, dopo i primi interventi del personale di Veneto Strade, Comunità montana e Comune per liberare le strade dal tappeto di foglie e grandine, ieri è partita l’opera di sistemazione e monitoraggio dei danni. Chiamati per l’emergenza i vigili del fuoco, il soccorso alpino, il personale della Comunità montana, la protezione civile dell’Ana di Chies e di Belluno. Una task force che ha operato nella zona per tutto il giorno. E oggi si replica come è stato deciso al termine del briefing tenutosi in municipio ieri sera. «Le situazioni critiche sono ancora molte, per cui abbiamo deciso di operare anche oggi», ha detto il sindaco Loredana Barattin che ha già predisposto i moduli da consegnare ai residenti per la richiesta di un eventuale indennizzo.
«E’ stato davvero pauroso», racconta la titolare del bar da Stelvio a Irrighe. «Sembrava che dei fiumi ci venissero addosso con tutta la loro potenza tanto era il frastuono che si sentiva. Se uno guardava fuori dalla finestra vedeva un muro di grandine con chicchi del diametro di 7-8 centimetri». La tempesta è scesa per ben due volte a distanza di qualche minuto. E così quel poco che si era salvato, la prima volta, è andato distrutto alla seconda tornata.
Innumerevoli le auto che hanno riportato la rottura dei parabrezza oltre alle numerose ammaccatture sulla carrozzeria, in frantumi anche i vetri delle finestre di diverse case e delle chiese più storiche come Lamosano, San Martino e Funes. Bucate anche le persiane. Sui tetti le tegole si sono rotte e molti si sono dovuti arrangiare con i teli di plastica. A Funes stessa situazione. «Ero in casa da sola», racconta ancora spaventata una signora di 82 anni, «e ho sentito un gran battere contro i balconi, e ho preso davvero paura. C’era un rumore pazzesco. E’ stata una cosa terribile tanto che non ho dormito per tutta la notte al pensiero».
A Lamosano, l’indomani dell’evento calamitoso, il paesaggio è desolato. Alberi e piante distrutte, lucernai in frantumi, e acqua dappertutto anche in casa. «La grandine non aveva una forma rotonda, ma a punta per cui ha fatto tanti più danni», raccontano i residenti. Una signora, che è stata colta dal fortunale mentre era nell’orto, colpita in testa dalla grandine è dovuta ricorrere al pronto soccorso dove le hanno fatto quattro punti di sutura. Altri invece, nel tentativo di mettere al sicuro le auto, hanno subito delle escoriazioni alle bracce.
Brutta sorpresa anche per i dipendenti della ditta Munaro che, alla fine della giornata, dopo le 17, hanno trovato le loro auto, lasciate dal mattino in sosta sulla piazza del paese, praticamente distrutte. In piazza, a Lamosano, ieri mattina c’erano ancora delle piccole montagnole di grandine «che sembrava neve». «La grandine davanti a casa mia era talmente alta che non riuscivo ad uscire e andare a prendere la pala per spalarla», dice la signora Gemma di Molini. «Ho avuto davvero paura, sentivo sui balconi dei gran colpi tanto che adesso sono tutti ammaccati. Il mio orto e quello dei vicini sono distrutti, non c’è più niente. Abito qui da 48 anni, ma una cosa del genere non l’ho mai vista. E anche se io, i miei figli e i miei parenti non ci siamo fatti niente, ci sono tutti i danni da pagare», dice preoccupata la signora che ancora è presa dall’ansia a ricordare quanto è accaduto.
Da questa calamità naturale non sono usciti indenni nemmeno gli agricoltori. La zona non ha un fitto insediamento agricolo, eccezion fatta per l’allevamento di ovini. «Oltre ai danni alle strutture agricole danneggiate nelle copertura», dice Michele Nenz di Coldiretti, «compromessi sono i prati e i pascoli dove l’erba, che era quasi pronta per lo sfalcio, è andata distrutta. Adesso gli allevatori dovranno pensare alla transumanza delle pecore verso prati ancora integri».
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