«Dal Friuli mire inappropriate»

Caso Sappada. Bressa annuncia soluzioni per le zone montane. «Il voto? Non prima del referendum»
Incontro con Gianclaudio Bressa e Sergio Reolon, organizzato dal PD di Belluno per fare un passo sulla strada dell'autonomia condivisa, concreta e possibile per la nostra Provincia.Si presenta la legge costituzionale presentata dal Pd e i passi avanti per l'autonomia nello statuto regionale. Gianclaudio Bressa
Incontro con Gianclaudio Bressa e Sergio Reolon, organizzato dal PD di Belluno per fare un passo sulla strada dell'autonomia condivisa, concreta e possibile per la nostra Provincia.Si presenta la legge costituzionale presentata dal Pd e i passi avanti per l'autonomia nello statuto regionale. Gianclaudio Bressa

SAPPADA. I sappadini si mettano il cuore in pace. Il voto al Senato non ritornerà prima dell'autunno, perché - conferma il sottosegretario agli Affari regionali, Gianclaudio Bressa - si è deciso di soprassedere a qualsiasi modifica di carattere ordinamentale.

Questo significa che se Renzi supererà brillantemente il referendum sulle riforme e nel 2017 andrà ad elezioni anticipate, il voto di Sappada ritornerà nella prossima legislatura, quindi a partire dal 2018? «Non ci saranno elezioni anticipate. Renzi vuole arrivare al 2018. Non ha senso anticipare le urne di 6 mesi».

I referendari di Sappada ed il sindaco Manuel Piller Hoffer vogliono il voto entro due, tre settimane al massimo. «Non si può fare. E loro lo sanno».

Non si può fare perché prima deve arrivare una soluzione per la provincia di Belluno, magari con i fondi di confine?

«Io sto lavorando ad una soluzione che prescinde da Sappada, una soluzione che possa riguardare le tre province interamente montane (Belluno, Sondrio e Verbania) ed in generale le aree montane, fino alla Sila...».

Fino alla Sila? «Si. È una soluzione che riguarda tutta la montagna italiana».

Sta immaginando nuovi fondi? «Grosso modo sì, ma non posso anticipare nulla».

Se intende i fondi di confine, la sua compagna di partito, Debora Serracchiani, presidente del Friuli Venezia Giulia ha anticipato che non ci sta. «È compito del Governo occuparsi delle relazioni istituzionali della montagna. Quello che vuole fare il Friuli Venezia Giulia dovreste domandarlo direttamente alla Serracchiani».

La Serracchiani, appunto, ha dichiarato di non sognarsi fondi di confine prima che Sappada non ritorni al Friuli. E anche dopo, comunque, è tutto da vedere.

«Le mire della Serracchiani su Sappada le giudico quanto meno inappropriate. Il problema non è della Regione Friuli Venezia Giulia, ma è di avere rispetto istituzionale per la provincia di Belluno, per la quale c'è la necessità di essere all'altezza della situazione e di essere interlocutrice istituzionale con le altre regioni che confinano per far crescere l'intera provincia e non solo qualche comune».

Taluni hanno detto che quello della governatrice del Friuli Venezia Giulia è sostanzialmente un ricatto. «Il Friuli Venezia Giulia non dà nessun tipo di fondo ai Comuni di confine, quindi porre un ricatto rispetto a qualcosa che non si fa è sbagliato e non c'è niente da rispondere, questa è una non cosa. Io sono appassionato dalle risposte politiche concrete e dal rispetto istituzionale. Se la Regione Friuli Venezia Giulia vuole avere un'interlocuzione con la Provincia di Belluno in quanto Provincia confinante, ci sono i modi, i tavoli e le opportunità per farlo. Non può essere che una presidente provochi, attraverso i media, invitando i Comuni ad aggregarsi al suo territorio. Credo che ci sia la disponibilità massima su questo confronto, il resto sono battute sui giornali. Di ufficiale ci sono solo le relazioni istituzionali che tra il Friuli Venezia Giulia, la Regione Veneto e la Provincia di Belluno non mi pare ci siano state. Poi ciascuno può fare quello che vuole individualmente, ma non può immaginare che le proprie scelte abbiano valore al di fuori dei confini della propria regione».

Dopo Sappada in Veneto si teme l'effetto domino. È questa anche la sua paura? «È sbagliato immaginare di dare risposte singole perché il problema riguarda l'intera provincia e la soluzione deve essere pensata per l'intera provincia. Andarsene uno alla volta può essere forse la via più breve ma sicuramente anche la meno giusta perché come ho ricordato più volte sono 27 i comuni del Bellunese che confinano con le regioni a statuto speciale e nel caso dovessero essere assorbiti dalle specialità ce ne sarebbero altri 27 e poi altre 27 fino a che i confini delle regioni speciali potrebbero arrivare a Venezia e anche oltre. È evidente che questo non mi sembra un progetto».

Francesco Dal Mas

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