Danni all’agricoltura per 320 mila euro, provocati dalla fauna selvatica nel 2018
Il settore agricolo bellunese alza la voce contro la fauna selvatica che nel 2018 ha prodotto danni per una cifra monstre, che supera i 300 mila euro. È quanto emerso ieri in un incontro tenuto da una commissione ad hoc composta da organizzazioni venatorie ed associazioni produttive unite sotto la stessa bandiera dal servizio caccia e pesca dell’ente provinciale a conclusione dell’iter di reperimento e valutazione dei dati relativi all’annualità 2018.
Al centro della discussione sono finiti i danni causati in agricoltura dalla fauna selvatica, ungulati in testa che numericamente, tra cervi e caprioli, rappresentano le specie maggiormente distruttive e al tempo stesso più complicate da gestire.
La stima dei danni accertati ha compiuto un notevole balzo in avanti in appena cinque anni. Basti pensare che nel 2014 la cifra ammontava a 63 mila euro e spiccioli che a completamento del triennio, dunque nel 2016, è arrivata a superare di poco quota 100 mila euro. Nel 2017 il dato relativo ai danni accertati è raddoppiato superando quota 200 mila euro mentre, come già detto, nel 2018 la cifra si presenta da record assoluto: 319 mila, 143 euro.
«Sono dati da ricollegare all’aumento di specie selvatiche in natura, cervi e caprioli su tutti», ha spiegato il consigliere provinciale Franco De Bon, invitando tutti ad approfondire i numeri con una serie di ragionamenti che mirano al raggiungimento di un equilibrio: «Da una parte abbiamo gli agricoltori arrabbiati per i danni registrati alle loro attività, dall’altro ci sono esemplari da tutelare e da trattare secondo la legge», ha detto. «Nel mezzo c’è la Provincia chiamata a conservare le specie faunistiche ma contestualmente a supportare le attività del settore primario».
La situazione, al di là dei semplici numeri, si presenta piuttosto complessa. Da una parte, gli agricoltori sono stati descritti sia Coldiretti che da Confagricoltura come particolarmente arrabbiati per questa situazione e alzano la voce. Dall’altra, c’è una specie faunistica da trattare con le molle anche alla luce del crescente interesse mostrato nei loro confronti dalle sigle ambientaliste ed animaliste. Una battaglia, anche mediatica, difficile da gestire.
«Nell’immediato bisognerà innanzitutto rivedere il piano di abbattimenti controllato ma al tempo stesso aumentare la prevenzione», ha affermato De Bon. «Sotto quest’ultimo aspetto siamo ancora indietro. Ci sono fondi destinati alle opere preventive per i quali ancora pochi fanno domanda».
In questo contesto collaborativo, le parole dei rappresentanti di Coldiretti e Confagricoltura, rispettivamente Marco Feguglia e Stefano Cattani, non lasciano spazio alle interpretazioni: «Il foraggio in alta montagna è preda di branchi di cervi. Questo sta mettendo in ginocchio molte attività, soprattutto a Cortina. Chiediamo alla Provincia di gestire meglio il piano di abbattimenti», ha sottolineato Feguglia.
Cattani ha poi aggiunto che «gli agricoltori che operano nella parte alta della provincia vanno considerati dei santi». Discorso a parte per lupi e cinghiali, considerate specie «eccessivamente protette e tutelate». Il lupo non crea danni specifici alle attività agricole, «ma la sua presenza ha mandato in tilt un po’ tutti a livello psicologico», ha concluso Feguglia. —
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