«Danni per milioni di euro: i cinghiali vanno eliminati»

Il Gruppo Natura Lentiai preoccupato per il futuro di campi e pascoli della zona: «Sono sempre di più, servono azioni decise per garantire la biodiversità»

BORGO VALBELLUNA

«I cinghiali stanno invadendo e devastando i nostri territori. Devono essere prese decisioni efficaci o non si riuscirà più a garantire la biodiversità della montagna bellunese». È il grido di allarme lanciato dal Gruppo Natura Lentiai.

Il problema dei danni provocati da questi animali è ben noto da tempo, ma nell’ultimo periodo i casi si sono intensificati, raggiungendo località prima mai interessate. Un esempio lampante sono i prati dei narcisi, oggetto tra l’altro di un importante iniziativa promossa dalla ditta Unifarco di Santa Giustina, che (con il Gruppo Natura e in collaborazione con realtà locali e la Riserva di caccia) ha avviato un progetto di “Tutela della biodiversità della nostra montagna” impegnando tempo e denaro per cercare di salvaguardare gli ultimi prati fioriti della dorsale montana di Borgo Valbelluna. I danni arrecati dai cinghiali a questi prati rischiano di compromettere il progetto e vanificare gli sforzi fatti.

Negli ultimi anni in Valbelluna i cinghiali sono aumentati moltissimo, provocando danni all’agricoltura, soprattutto alle poche aree ancora regolarmente falciate: alla ricerca di bulbi, gli animali rimuovono e rivoltano il cotico erboso lasciandolo scoperto o con le zolle danneggiate. Problemi anche per gli automobilisti che si spostano lungo la Sp1: sovente, infatti, si notano attraversare di notte la strada nel tratto di strada che precede la variante di Lentiai (venendo da Mel).

I cinghiali si riproducono con velocità e facilità: già in giovane età (12-15 mesi), infatti, possono raggiungere un peso di 35-40 kg e riprodursi. In media una scrofa partorisce da 3 a 6 piccoli. Hanno un peso che va dai 45 ai 70 kg, ma sono stati catturati esemplari anche prossimi al quintale. Di giorno è molto raro vederli.

«La loro presenza causa danni alle coltivazioni stimati in milioni di euro, a cui si devono aggiungere i costi dovuti alla costruzione di recinti per proteggere i campi e al loro ripristino. La situazione del Bellunese è molto diversa da quelle di altre regioni italiane, anche culturalmente, tanto che da noi l’obiettivo sarebbe non la gestione conservativa, ma la sua eradicazione. Necessita, quindi, l’impegno sia da parte del mondo venatorio e sia delle amministrazioni. Nonostante la caccia si effettui in tutti i mesi e nonostante l’impegno di tanti cacciatori volontari che dedicano notti intere nell’opera di contenimento, è evidente che le misure finora adottate non risultino sufficienti a limitare la sua diffusione».

Peri membri dell’associazione lentiaiese, se non verranno adottate misure contingenti adeguate, la situazione andrà di male in peggio: «I prati in località Castron, Boz, Zelant di Mel e su tutta la dorsale montana da Pian di Coltura fino al monte Cesen sono stati, in più settori, distrutti, compromessi al 70 % i pascoli delle malghe di Borgo Valbelluna e non mancano numerosi danni alle colture di fondovalle. Al momento l’unica soluzione sembra essere quella di recintare i propri fondi e terreni per cercare almeno di creare delle isole di “sopravvivenza”, vere e proprie oasi».

Il costo di acquisto delle recinzioni anti-cinghiale è parzialmente finanziato dalla Regione: «Come noto», concludono quelli del Gruppo Natura di Lentiai, «le recinzioni non sono esenti da controindicazioni, e non solo per motivi paesaggistici. L’auspicio è che si prendano finalmente adeguate decisioni per risolvere il problema o, quanto meno, per limitare i danni». —


 

Argomenti:cinghiali

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi