Daverio: «Sì ad una consulenza»

Il critico d’arte chiude la vicenda assessorato: «Verrei gratuitamente. Belluno ha grande potenziale»
BELLUNO. Fare l’assessore a Belluno no: troppo distante da Milano. Ma per una consulenza si dice disponibile, Philippe Daverio. «La farei anche gratuita», assicura. Spetta al critico d’arte l’ultima parola sulla vicenda dell’assessorato “conteso”.


Professore, dunque ha scelto Lodi?


«Da casa mia a Lodi ci sono 24 km e mezzo. Da casa mia a Belluno 340 km. Come potrei venire ai consigli comunali a Belluno? Mi servirebbero due giornate ogni volta. E ho 66 anni, alla mia età ogni giorno ha un valore doppio, per cui devo optare per delle soluzioni praticabili. Inoltre bisogna avere rispetto per l’elettore. Io potrei andare a fare campagna politica per trentadue candidati in questo momento, perché sono una figura nota, ma se facessi così sarei una persona poco plausibile. A Belluno sono molto affezionato, gli antenati di mia moglie sono di quelle parti e se Belluno avesse bisogno di una consulenza per il suo percorso culturale sarei felice di darla, ma una consulenza significherebbe che in un anno ci andrei quattro volte, non venti. Quello non sarebbe possibile. Per fare l’assessore dovrei venire venti volte. La differenza è tutta lì».


Quando lei aveva dato la sua disponibilità a lavorare per Belluno, non era stata usata la parola assessore?


«Questo è quello che pensavano loro. La parola assessore ha senso se diventa una funzione regolare. Sono molto affezionato a Belluno, ma venirci venti volte all’anno... io devo lavorare per pagare le tasse e questo mi obbliga a restare nel mio ufficio a Milano. Certo è molto utile avere, talvolta, un punto di vista esterno alla realtà locale, per potergli dare una sorta di impulso, e penso che Belluno meriti molto perché potrebbe essere la Asolo del ventunesimo secolo se farà alcune scelte. Volentieri darei il mio contributo. Ma queste scelte le deve fare la politica, la cittadinanza, le forze concrete che operano sul luogo. Possono essere stimolate da un parere esterno però».


Lei è venuto a Belluno per fare degli spettacoli negli ultimi anni, come vede la città dal punto di vista culturale?


«In questo momento è sottocarburata. C’è stata la mostra sul Tiziano, quella su Brustolon, avete un teatro molto bello, una situazione urbana delicata ed esteticamente comunicativa, ma è tutto in potenziale rispetto a ciò che potrebbe avvenire. A Belluno un lavoro serio si può fare e lo devono fare i bellunesi. Io potrei venire, e anche gratuitamente (lo farei volentieri per dovere civico), per dare un parere».


Belluno ha appena inaugurato il nuovo museo della città, restaurando un palazzo storico. Come si può portare avanti un museo per far sì che sia sempre visitato?


«Bisogna lavorare. I musei sono come la pasticcerie: se uno non fa i pasticcini tutti i giorni il locale non è più buono. Bisogna coinvolgere la gente, comunicare. La domanda va stimolata, attraverso l’offerta. Voi avete raccolte archeologiche incredibilmente curiose, ma la comunicazione è come non ci fosse. Chi lo sa che a Belluno ci sono fra le prime chiavi dell’umanità, alcune lame di coltello estremamente commoventi? Ecco dove io potrei dare il mio contributo al Comune di Belluno: nell’incanalare le energie esistenti verso un sistema culturale che sia appropriato alla realtà italiana ed europea di oggi».


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