Dazi americani, Lattebusche fa la conta dei danni
«I dazi americani peseranno, ma meno del previsto. È vero, non ci volevano, ma si temeva un uragano e siamo invece di fronte a un temporale». Antonio Bortoli, direttore generale di Lattebusche, tira un sospiro di sollievo all’annuncio che sul lattiero-caseario italiano i fulmini di Trump si abbatteranno, a partire dal 18 ottobre, nell’ordine di un aumento del 25% del valore del prodotto e non del 100% come si vociferava, aumento che va ad aggiungersi al 15% esistente. «È comunque un problema in più che va ad aggiungersi ad altri già sul tappeto», prosegue Bortoli, «a iniziare dall’embargo russo; dalla liberalizzazione dei mercati in Canada, che ha favorito le esportazioni, ma anche portato a uno svilimento del valore delle Dop italiane; dalla Brexit, un fronte aperto e tutt’altro da trascurare».
Quanto formaggio esportate negli Usa?
«Noi esportiamo attraverso la nostra controllata Agriform, di cui siamo soci di maggioranza con oltre il 40% del capitale; se prendiamo il nostro formaggio di punta, il Piave, sulle 300 mila forme prodotte all’anno, 60 mila vanno all’estero e di queste la metà negli Usa, che resta il mercato estero di riferimento. Il nostro è un formaggio molto apprezzato in quel mercato e solo qualche anno fa il Piave è stato indicato fra i primi 100 prodotti alimentari preferiti dagli americani».
Un successo che adesso è messo in pericolo?
«Speriamo di no. Abbiamo investito molto nel mercato americano per farci conoscere e apprezzare, abbiamo fatto promozioni, contattato le maggiori catene. Il Piave è inoltre un formaggio di fascia alta e spero che chi lo acquista in Usa, ricercando un prodotto di qualità, non si lasci scoraggiare da un incremento del prezzo del 25%».
Lattebusche ha chiuso il 2018 con il fatturato record di 108 milioni di euro (+3, 9% sul 2017); cosa prevede per la chiusura dell’anno?
«Siamo in crescita, contiamo di superare i 110 milioni di euro. E ci sarà sicuramente soddisfazione per i nostri produttori che si vedranno remunerare il latte più che nel 2018. In sintonia con l’andamento del mercato, perché il Grana Padano ha avuto un sensibile incremento e questo traina tutto il settore».
Nessuna ripercussione sui conti, quindi, dai dazi di Trump?
«Per la fine dell’anno non credo, per il prosieguo staremo a vedere, sperando che questa crisi, come è auspicabile, rientri».
Quanto pesa il mercato americano?
«Molto, soprattutto di fronte a un mercato domestico ed europeo che sono stagnanti. Per questo, se abbiamo scongiurato la mazzata che ci aspettavamo e che avrebbe segnato una debacle per tutta l’economia lattiero-casearia, dobbiamo essere guardinghi e muoverci per far rientrare questo ingiusto aumento dei dazi».
La posizione di Agriform «C’era una mannaia sulla nostra testa», conferma Nisio Paganin, direttore generale di Agriform, la cooperativa di cooperative che commercializza all’estero i prodotti di Lattebusche, Latterie Vicentine e altre cooperative di produttori, «finalmente ieriil Governo americano ha comunicato gli elenchi e la misura dei dazi. Che non ci piacciono, ovviamente, ma che per fortuna sono inferiori al previsto. Il danno è minore, ma c’è».
Contraccolpi?
«Vedremo nei prossimi mesi: sono fiducioso che chi compra il grana padano o il reggiano non rinuncerà di fronte all’aumento di 30 centesimi all’etto».
Agriform chiuderà l’anno con un fatturato di 180 milioni di cui oltre la metà realizzato all’estero ed un terzo negli Usa, il resto in 60 Paesi. Azionista di maggioranza è proprio Lattebusche, che esprime anche il presidente Domenico Basso. «Gli Usa sono un mercato importante», conclude Paganin, «dove abbiamo i maggiori interessi e i migliori presupposti di sviluppo».
Grana Padano, il più conosciuto all’estero
«Il danno c’è, ma non mortale», commenta Stefano Berni, direttore generale del Consorzio Grana Padano, il prodotto Dop più consumato del mondo con circa 5 milioni di forme annue, «adesso speriamo che il mondo politico sappia reagire compatto, come del resto è stato fatto in questi giorni, a difesa dei nostri prodotti. Il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha già proposto un fondo “azzera-dazi”, da concordare ovviamente con l’Unione europea, per premiare le esportazioni e neutralizzare l’effetto di questa ingiusta gabella. Il danno al sistema Grana Padano si aggirerà sui 40 milioni Con provvedimenti adeguati però potrebbe essere annullato». —
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