Demenze senili, ogni anno 400 casi in provincia

Sono 4.500 i malati bellunesi, meno di un terzo quelli in cura ai servizi dell’Usl 1 Il direttore generale Rasi: «Fondamentale è il supporto delle famiglie»
BELLUNO. Demenze senili, la sfida del presente e del futuro. Una sfida da vincere attraverso i servizi sanitari ma, soprattutto, attraverso una consapevolezza più diffusa. Consapevolezza che diventa cultura, per dare origine ad alleanze e collaborazioni tra ambiti diversi del vivere sociale. Questa la sintesi e il messaggio di “Quando la demenza è lì … e nessuno ancora lo sa”, l’evento che ieri mattina alla Gaggia Lante di Cavarzano, in occasione della 24ª Giornata mondiale dell’ Alzheimer, ha dato il via alla quattro giorni del primo “Festival del buon invecchiamento”, iniziativa fatta di incontri, riflessioni e musica con la quale la Ser.S.A. vuole aprirsi alla comunità.


Comunità e famiglia sono due tra le parole maggiormente ripetute durante le tre intense ore di tavola rotonda che hanno portato alla luce numeri, prospettive, strategie relativi a un ambito, quelle delle demenze, con il quale sempre più si dovrà fare i conti.


Numeri in crescita.
Il dottor Giampaolo Ben, geriatra, direttore dell’unità operativa complessa di Cure primarie dell’Ulss 1 Dolomiti, ha sottolineato come la demenza in provincia sia un problema dalle dimensioni estremamente importanti. Portando dei numeri. «La stima è che nel Bellunese le persone affette da demenza sono tra le 4000 e le 4500» ha affermato Ben. «Ma ciò che preoccupa maggiormente è che le proiezioni dicono che ci saranno oltre cinquecento nuovi casi all’anno. Di questi, 400 le persone affette da Alzheimer, la patologia più difficile».


Se la stima, basata sul confronto di due studi epistemologici, è di oltre 4500 persone affette da demenze, meno di un terzo sono quelle che, con diversi tipologie di intervento, vengono seguite dall’Usl 1. «750 sono le persone che fanno riferimento al distretto di Belluno, 450 a quello di Feltre», ha affermato Adriano Radi Caldogno, direttore generale Usl 1. «Fondamentali sono la prevenzione e il supporto alle famiglie: dovremo lavorare intensamente in questa direzione».


Vincere paura, solitudine, vergogna.
Magalì Della Vecchia e Cristina Balest, di Sersa, hanno raccontato il lavoro quotidiano al nucleo Alzheimer, al Sapa (Sezione ad alta protezione Alzheimer) e al centro diurno. Dai loro interventi, così come da quello di Renzo Scortegagna, docente di sociologia all’università di Padova, di Silvia Vettor, responsabile del centro specialistico demenze dell’ Istituto per i servizi di ricovero e assistenza anziani di Treviso, e di Susanna Cipollari, dell’ associazione Alzheimer Uniti Italia, è emersa forte la necessità di far sì che le demenze (ne sono state individuate oltre 70 forme) non siano trattate esclusivamente in chiave sanitaria ma vengano viste, e affrontate in un quadro più ampio. Fondamentale, in questo il ruolo delle famiglie, ancora molto sole e impaurite nel trovarsi di fronte a una situazione dalla criticità elevata e per la quale spesso si prova vergogna. A disposizione della famiglie c’è anche un numero verde, la Linea Verde Alzheimer: 800 001 670.


©RIPRODUZIONE RISERVATA


Argomenti:alzheimer

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi