Demolì un palazzo dopo il terremoto assolto un vigile del fuoco bellunese accusato di falso ideologico a Modena

MODENA. Palazzo abbattuto dopo il terremoto in Emilia. Assolti i quattro imputati, compreso il vigile del fuoco bellunese Massimo Bortot, che nel 2012 aveva lavorato alla demolizione di questo stabile, nel Comune di Cavezzo. Il pompiere doveva rispondere di falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale, di fronte al Tribunale di Modena e il fatto non sussiste, come aveva prospettato il difensore Massimiliano Paniz. Assolti anche l’ex sindaco Stefano Draghetti per falso ideologico in atto pubblico e gli altri due vigili Michele De Vincentis e Giovanni Nanni per omissione d’atti d’ufficio.

Dopo sette anni di processo e una quarantina di udienze, è emerso che tutto era stato fatto come si doveva: nessuna ordinanza di demolizione frettolosa, nessun atteggiamento superficiale, nessun dolo. Il giudice non ha ravvisato responsabilità nè tra i vigili del fuoco, che rasero al suolo materialmente palazzo Paltrinieri, né da parte dell’ex primo cittadino del Pd, che aveva firmato l’ordinanza. Eppure la Procura della Repubblica aveva chiesto dieci mesi di reclusione per l’amministratore, nove per Bortot e otto per ciascuno dei due colleghi.

Secondo la famiglia proprietaria, che già nel corso dell’udienza preliminare si era costituita parte civile per avere i danni, la struttura poteva essere recuperata dopo le scosse di terremoto. Ma l’8 giugno 2012 Draghetti firmò l’ordinanza di demolizione, autorizzando una squadra di vigili del fuoco a procedere. Un via libera concesso senza interpellare i residenti, che vennero a conoscenza dei fatti dalle immagini di un telegiornale.

I loro legali hanno eccepito anche il fatto che l’ordinanza fosse post datata, nel senso che la demolizione era cominciata il giorno prima della redazione degli atti amministrativi. Da aggiungere che, per quasi un anno, alla famiglia Paltrinieri fu impedito di recuperare le macerie del loro palazzo e, quando finalmente il via libera arrivò, nulla era più recuperabile di tutto quello che fino a poco prima l’abitazione conteneva: mobilio, fotografie, abbigliamento e soprammobili. E per via di quella ordinanza comunale, c’era stato il rischio anche di perdere la possibilità di accedere ai rimborsi dello Stato.

Il processo è durato molto e si è articolato in molte udienze. Quella di giovedì è stata decisiva per l’assoluzione di tutti. —

Gigi Sosso

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