Diego Dorigo, ultimo contadino di Laste

Gestisce col fratello un’azienda agricola, in un contesto difficile ma di cui è innamorato: «Non me ne andrei mai da qui»
Diego Dorigo al lavoro nei suoi campi
Diego Dorigo al lavoro nei suoi campi

ROCCA PIETORE. Un balcone sull’infinito. Da Laste il mondo appare straordinariamente piccolo e straordinariamente immenso: dal Civetta e dal Pelmo al Col di Lana, passando per il Lagazuoi.

Il fascino di essere solo in 170. Una valle più verde dell’altra. Eppure bisogna provarci ad arrivare quassù, con la frana di Digonera che ha bloccato la strada per Rocca Pietore. Un’ora e 50 minuti da Belluno, quasi il doppio che scendere a Venezia. 40 minuti per raggiunge Rocca, al posto del quarto d’ora abituale. È obbligatorio fare il giro per Livinallongo. Diego Dorigo proprio non si capacità della resistenza di quella frana, che obbliga lui e i 170 concittadini del suo bellissimo paese (proprio così li chiama), a circumnavigare la valle.

Premio fedeltà alla montagna. «Possono sgomberare, tirar via i sassi, non c’è nessun pericolo, ma», sospira, «dovremo attendere chissà quanti mesi perché riaprano. E non capiamo perché. Neppure ce lo dicono». L’ultima domenica di agosto Diego riceverà dall’Ana, l’associazione nazionale degli alpini, il Premio fedeltà alla montagna. È lui il campione di questo matrimonio con la sua terra, che si propone al limite del possibile.

Diego non se ne è mai andato da Laste
Diego non se ne è mai andato da Laste

Lassù da sempre. Ha 42 anni, Diego, ed è sempre vissuto quassù. Sposato, ha tre figli, di 20, 16 e 13 anni. Con il fratello Ezio, suo gemello, conduce fin da ragazzo l’azienda agricola ereditata dal padre. «Siamo rimasti gli unici contadini di Laste», fa sapere, non si capisce bene se soddisfatto o meno. «Laggiù, in centro (come chiama Rocca, ndr), hanno dovuto affittare un gregge per rasare l’erba dei prati, quassù ci arrangiamo noi, con queste macchine e si può entrare nel prato con i tacchi a spillo», evidenzia mostrando con orgoglio il tappeto e l’ultimo mezzo, fatto venire dall’Austria, che «non si ribalta, nonostante il pendio così ripido».

L'impegno in malga. Troviamo Diego sul pascolo, mentre raccoglie il fieno. Il fratello, la moglie e i figli sono in malga, lassù ai 1800 metri di Malga Laste, il loro fiore all’occhiello. «Noi abbiamo 28 pezzate rosse, di proprietà, ma da giugno a settembre portiamo in casera un’ottantina di altri capi. Provengono dalla Val Badia, dove le vacche sono così numerose che non hanno erba da pascolare a sufficienza». La famiglia Dorigo le gestisce per tutta l’estate. I 15 ettari di prato, con due tagli, per un totale di 1500 metri cubi di fieno, sono appena sufficienti per mantenere la mandria. Erba, ovviamente, non trattata. Ed ecco il risultato. Dai 500 ai 600 litri di latte nelle prime settimane della stagione, quando le mucche sono particolarmente produttive. 300 circa in settembre. Quintali di formaggi, di burro, ricotta.

Formaggio da tutto esaurito. «Noi vendiamo esclusivamente in malga, neppure qui in paese. Chi vuole il nostro prodotto deve sacrificarsi a salire». Un sacrificio? Macchè, anche se la strada non è certo asfaltata. Per acquistare il formaggio dei Dorigo c’è chi arriva perfino dall’Alpago. «Mi dispiace, ma purtroppo non possiamo più accogliere prenotazioni fin al 20 settembre, perché abbiamo esaurito tutta la disponibilità».

Un premio per tutti. «Ricevo il Premio fedeltà con orgoglio (io e la mia famiglia), ma questo riconoscimento lo meriterebbero tutti i residenti in paese, perché resistono a Laste nonostante le tentazioni a scappare», continua. C’è un’unica osteria, nessun altro servizio. C’è l’ambulanza, per le situazioni di emergenza, dopo che è caduta la frana. A Laste vivono tre volontari e proprio a loro è affidato il pronto intervento.

La durezza dell'inverno. C’è, da qualche tempo, un prete residente che, a tempo perso, si prende cura di un gregge di capre. Non c’è nient’altro. D’inverno è dura. La neve sale fino a 4 metri. Diego si alza alle 4.30 per sistemare la stalla, poi parte per Arabba, dove lavora agli impianti di sci. Allo stesso modo la figlia che ha fatto il liceo linguistico a Belluno. L’altra figlia continua a studiare al Turistico di Falcade e l’ultimo, il maschio, fa le medie a Caprile. Ma tutti e tre, in estate, fanno i malgari. Con passione.

Il profumo del latte appena munto. In paese metà dei capifamiglia in età lavorativa è pendolare su Cencenighe o Agordo, alla Luxottica. Con la frana, hanno un’ora di strada per recarsi in fabbrica e un’ora per ritornare. «So che si sta bene da Del Vecchio, ma io e mio fratello non siamo mai stati catturati dalla tentazione di lasciare i pascoli per le linee di montaggio. Non vogliamo rinunciare, per nulla al mondo, al profumo del latte appena munto o a quello dell’erba al primo taglio».

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