Difesa del suolo, l’Università prepara una lista di priorità
BELLUNO. Un piano per la difesa idrogeologica del bacino dell’alto Piave. Ne hanno parlato ieri l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, e Luigi D’Alpaos, professore di idraulica all’Università di Padova. Tra Regione e Università, infatti, esiste una convenzione che coinvolge anche l’Irpi del Cnr. L’obiettivo è quello di individuare gli interventi necessari sulla base del monitoraggio continuo, assegnare le priorità e pianificarli anche allo scopo di trovare i finanziamenti necessari. In particolare, la Regione deve preparare delle note da girare al ministero nella speranza di ottenere ulteriori risorse dal capitolo di bilancio previsto dal governo per la difesa del suolo, con un provvedimento che dovrebbe essere strutturale e quindi fisso negli anni.
Per quanto riguarda la provincia di Belluno, Bottacin e D’Alpaos hanno analizzato le problematiche del bacino del Piave, dove i punti critici sono tanti, ma le emergenze si concentrano soprattutto nella Valle del Boite, oltre che in Alpago e in alcune zone dell’Agordino.
«Secondo una stima del Genio Civile», spiega l’assessore, «per la sola Valle del Boite servono 100 milioni di euro. Possiamo citare San Vito di Cadore, dove per la mitigazione del rischio sono necessari dieci milioni, ma ci preoccupa molto anche la frana di Perarolo sulla quale D’Alpaos sta preparando una simulazione con diverse quantità di materiale franoso e verrà realizzata una verifica attraverso una Tac».
Con la presenza di 6 mila frane in provincia di Belluno, il lavoro di messa in sicurezza del territorio appare imponente: «L’importante è iniziare», sottolinea Bottacin, ricordando che la Regione per molti anni ha sottovalutato il problema, ma dal 2010: «C’è stata una svolta e sono già stati spesi 700 milioni di euro. Purtroppo per gli interventi molto rilevanti le pratiche sono molto lunghe e ci vuole tanto tempo. Inoltre la sicurezza idraulica spesso soccombe ai vincoli ambientali e tutto diventa più difficile». Il dialogo tra Regione e ministero dell’Ambiente, tuttavia, funziona e anche se ognuno cerca di tirare dalla sua parte una coperta troppo corta, il canale di finanziamenti c’è.
«Il bacino del Piave esprime due problematiche», prosegue l’assessore, «in pianura serve la messa in sicurezza idraulica, in montagna la difesa idrogeologica. In pianura vanno realizzate vasche di laminazione per assorbire grandi volumi d’acqua temporanei e bisogna procedere alla pulizia continua di alvei, sponde e argini». In montagna, invece: «Serve un insieme più complesso di interventi, ma in sostanza si possono riassumere con la messa in sicurezza (con le manutenzioni) e con la mitigazione del rischio che prevede lavori di grande portata (e spesa). I fondi del ministero dell’Ambiente hanno un “difetto” che finisce per penalizzare gli interventi in montagna, ma l’ho fatto presente al ministro Galletti e pare che si possa vincolare una percentuale alle frane».
Nel frattempo è ora di fare i conti di quante saranno le risorse disponibili per il 2016: «La Regione», dice Bottacin, «può investire circa 40 milioni di euro, di cui la metà per opere rilevanti di difesa del suolo e gli altri per le manutenzioni. Poi ci sono i 104 milioni del ministero e siamo attivati per partecipare ai bandi europei che possono interessarci». Infine una perplessità sul Fondo statale per le calamità naturali: «50 milioni di euro per tutta Italia mi sembrano veramente pochi», conclude Bottacin.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi