Difesa del suolo, parte l’intervento di Pianaz

L’abitato in Val di Zoldo è a rischio dall’alluvione del ’66 ed è una delle priorità tra le oltre 5.500 frane bellunesi comprese in un piano da 3 miliardi di euro

BELLUNO. Ottantacinque milioni in cinque anni, all’interno di un piano di mitigazione del rischio da circa 3 miliardi di euro. Sono questi i numeri degli investimenti per la difesa idrogeologica attivati dalla Regione Veneto, ai quali si aggiungono quelli della Provincia. I dati sono stato ricordati ieri dall’assessore regionale Gianpaolo Bottacin, durante la presentazione del cantiere che è stato consegnato ieri e che prevede un intervento di 900 mila euro in una delle aree devastate dall’alluvione del 1966, in Val di Zoldo.

Si tratta della messa in sicurezza dell’abitato di Pianaz, o comunque delle abitazioni più vicine alla scarpata che si trova sulla sinistra orografica del Maè, all’altezza della confluenza con il rio de Vido. «La piena del ’66 causò problemi importanti, provocando il crollo di una casa e danneggiando gravemente una seconda», ricorda Bottacin. «In seguito a quell’evento fu costruito un muro di contenimento, ma nel 2014 ci fu un’altra piena importante che danneggiò quell’opera». Dopo il 2014 si fecero altri due interventi urgenti con una spesa di 520 mila euro, ma mancava quello più rilevante per dare maggiore sicurezza al muro e alla briglia. Tempo permettendo, i lavori a Pianaz dovrebbero concludersi entro l’anno, ma si tratta di un’opera complessa, come spiega il neo direttore del Genio Civile di Belluno, Roberto Dall’Armi: «La piena del 1966 modificò il corso del Maè, creando una scarpata molto alta e ripida all’altezza di Pianaz. Il piede del muro realizzato poi per rallentare il Maè, diminuendone la potenza di erosione, fu scalzato dalla piena del 2014 destabilizzando il versante, ed è anche stata sifonata la briglia destabilizzandola totalmente. Le nuove opere previste con l’intervento che partirà in queste settimane prevedono il rifacimento della briglia e la realizzazione al di sotto della scarpata di un muro di sponda in cemento rivestito in pietra e fortificato con micropali e tiranti. Il muro sarà lungo circa 100 metri e il progetto è stato realizzato dai tecnici del Genio Civile».

Soddisfatto il sindaco di Val di Zoldo, Camillo De Pellegrin, che da circa tre anni premeva per quest’opera: «Ringrazio la Regione e l’assessore Bottacin per l’attenzione sempre alta rispetto alla difesa del suolo. Si tratta di lavori che non saranno visibili, ma che sono fondamentali per proteggere alcune case a ridosso del pendio». De Pellegrin ricorda anche l’intervento fatto sul ponte Sgrafedera a Dont con la messa in sicurezza dell’impalcato.

«Procediamo per priorità», aggiunge Bottacin che, nel ribadire la presenza di oltre 5.500 frane bellunesi, ovviamente cita Perarolo: «È in cima ai nostri pensieri. In questi giorni di forti piogge ci siamo preoccupati ma, anche se in genere lo scorrimento non è immediato, al momento sembra tranquilla. Siamo in codice giallo e nell’ultimo incontro si è deciso come procedere: drenaggio, rimozione delle vecchie opere e sistemazione del piede di frana, con una spesa di circa un milione».

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