«Difficile essere uniti sulla Marmolada con nuovi impianti»

Il sindaco De Bernardin non considera chiusa la partita «Qualcosa non torna nel provvedimento sui confini»





«Che sia l’ “umanità” a gestire la Marmolada? Certo, ma se ci sono due umanità differenti e una vuole costruire nuovi impianti e così affossare l’economia di quell’altra allora diventa difficile farlo tutti assieme».

Lo dice il sindaco di Rocca Pietore, Andrea De Bernardin, aggiungendo materiale a quella che lui stesso definisce una vicenda in evoluzione: i confini della Marmolada. Il decreto dell’agenzia del territorio del 24 maggio, reso noto soltanto qualche giorno fa, ha di fatto ridato la Regina delle Dolomiti al Trentino, facendo imbestialire la parte veneta.

Come già dichiarato all’indomani della notizia, il sindaco di Rocca Pietore, però, non considera affatto chiusa la partita chiusa. Ma è così impossibile che un bene naturale come la Marmolada non possa essere gestito insieme senza rivendicazioni di bandiera?

«La Marmolada – ricorda De Bernardin – è entrata nell’Unesco già con delle riserve perché è una montagna molto sfruttata a livello impiantistico. La presenza di altri impianti la farebbe uscire dal patrimonio. Certo che sarebbe bello gestirla tutti assieme, ma se una parte dell’umanità vuole farci nuovi impianti, se cioè i valori di fondo sono diversi da umanità a umanità, allora diventa difficile l’unione di intenti».

De Bernardin non pare convinto, dunque, dalle dichiarazioni del collega di Canazei, Silvano Parmesani, che nei giorni scorsi aveva spiegato da un lato come «per il momento» non ci siano impianti in vista e dall’altro che l’ipotesi in ballo è quella di costruire semmai un eco-museo.

«Non capisco – dice De Bernardin – adesso che avrebbero Punta Rocca e sarebbero senza un nemico da poter accusare di mettergli i bastoni fra le ruote alla costruzione degli impianti dicono che fanno l’eco museo».

Il sindaco di Rocca ribadisce in ogni caso che nuovi impianti trentini che bypassassero Malga Ciapela sarebbero letali per l’economia turistica della zona bellunese.

«A Malga Ciapela – dice – si vive molto sul turismo che arriva anche dalla Gardena, dalla Val di Femme, dall’Alpe di Siusi. Se dai a questi turisti l’opportunità di andare a Punta Rocca senza passare per Malga Ciapela siamo morti».

Ad ogni modo occorrerà capire cosa ne sarà del decreto. «Più che di ricorso contro il provvedimento – spiega De Bernardin – bisognerebbe parlare di diffida. Il problema è che dobbiamo ancora capire cosa è successo. Qualcosa non torna. Perché il decreto del 24 maggio è arrivato a Venezia solo il 20 giugno con allegata una cartina che non è né quella della sentenza del 1998, né quella del protocollo del 2002? Occorre appurare anche se è stata una scelta del dirigente oppure se ci sono state pressioni politiche e forzature». —



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