Dignità, vita dura e silicosi per gli emigranti in miniera
Dignità. Dignità per quei bellunesi che nel dopo guerra emigrarono per andare a lavorare nelle miniere di mezza Europa e del mondo per dare il sostentamento a sé e alla famiglia rimasta a casa, dignità per quelli che nelle miniere hanno perduto la vita o sono morti a causa della silicosi. Ma anche dignità negata a quegli emigranti tornati a casa malati e costretti a elemosinare una giusta rendita dallo Stato italiano o il pagamento della pensione dagli stati esteri dove avevano lavorato.
Nel gennaio di cinquant’anni fa San Gregorio nelle Alpi inaugurava il Viale delle lampade spente per testimoniare la memoria degli emigranti bellunesi morti sul lavoro a o causa del lavoro, ieri l’Associazione Bellunesi nel mondo, con il corredo di una serie di collaborazioni, Comune di San Gregorio in primis, ha voluto rinnovare questa testimonianza di memoria, contestualizzando i problemi dell’emigrazione di allora con quelli di chi, ancora oggi, lascia il nostro territorio per portare la propria professionalità e buona volontà fuori dai confini nazionali.
Una mattinata intensa aperta dall’inaugurazione nella sede della pro loco della mostra dedicata ai nostri emigranti in miniera cui è seguita la processione lungo il Viale delle lampade spente con gli interventi ufficiali, quindi lo scoprimento di una scultura in legno dedicata alle balie e infine un convegno dedicato alla silicosi e alle pesanti conseguenze per gli emigranti bellunesi. Presenti alcuni sindaci, la vicepresidente della Provincia, Serenella Bogana, e un parlamentare eletto nella circoscrizione estera in Argentina, oltre naturalmente ai gonfaloni dei Bellunesi nel mondo e degli alpini.
LA MOSTRA
Sono 22 pannelli che abbinando testi con la forza delle immagini mostra il fenomeno del lavoro in miniera in tutte le sue sfaccettature. Pezzi di storia locale, con i volti dei nostri minatori ritratti nei rari momenti di riposo, gli estratti dei contratti di lavoro frutto dell’accordo tra Belgio e Italia fino alla tragedia di Marcinelle nel 1956 in cui morirono anche 139 italiani e Dino Della Vecchia, partito da Sedico in cerca di fortuna. Pagine di emigrazione dura, testimoniata anche da pagine dei quotidiani dell’epoca nelle quali emerge però la dedizione e l’orgoglio dei bellunesi.
IL DISCORSO DI GAZZI
L’allora presidente del circolo Acli lo pronunciò nel 1969, nel giorno dell’inaugurazione del Viale delle lampade spente, lo ha riletto ieri il nipote Sandro Cassol. Un discorso, quello di Giulio Gazzi, che racchiudeva tutte le problematiche del lavoro in miniera e dell’emigrazione ad esso collegato. Dal calo degli abitanti con il 70 per cento della popolazione costretto a emigrare all’esigenza di garantire alle persone malate di silicosi di riconoscere e garantire una rendita sufficiente a evitare che quelle persone, già malate fossero costrette a emigrare di nuovo, fino alla richiesta di creare posti di lavoro in provincia per evitare un ulteriore spopolamento.
Il presidente di Abm, Oscar De Bona ha poi sottolineato come gli «alloggi adeguati garantiti ai nostri minatori non fossero altro che le baracche usate per i prigionieri di guerra e poi a livello salariale ci fu una sottrazione tra il 10 e il 20 per cento di quanto spettava. Una doppia fregatura». —
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