Diocesano, uno scrigno di tesori e di storia
Tantissima gente per l’apertura del Vescovado vecchio dopo il restauro. Il percorso tra le 250 opere è un viaggio dal Medioevo al Rinascimento
L'inaugurazione del nuovo Museo Diocesano di Feltre
FELTRE. Dentro lo scrigno di arte e di fede. È partita ieri pomeriggio l’immersione all’interno del museo Diocesano fresco di restauro, che ha svelato i suoi tesori con la partecipazione di non meno di trecento persone tra l’inaugurazione e la prima ondata di visite, proseguite poi fino a sera. Un viaggio attraverso ventisette saloni e sale di diverse dimensioni e infinite storie che ciascuna delle 250 opere porta con sé, a partire dal mitico calice paleocristiano del Diacono Orso, il calice eucaristico più antico della Cristianità occidentale che evoca il mistero del Santo Graal.
Sorpresa dopo sorpresa, il percorso si snoda in un reticolo che penetra ambienti che con i loro affreschi e le loro architetture testimoniano la quasi millenaria storia del palazzo dei vescovi, quello che i feltrini conoscono come il Vescovado vecchio, rinato come museo Diocesano dove coesistono Medioevo e Rinascimento. In una simbiosi e osmosi tra contenitore e contenuto, l’allestimento sa dialogare con la struttura, un museo nel museo. Ieri il nuovo Diocesano si è mostrato al pubblico come contenitore d’eccezione, senza taglio del nastro ma con una lettura della Genesi e una benedizione in sintonia con questa pagina della Scrittura.
Il clima era festoso e commosso, gli sguardi affascinati, l’androne di ingresso utilizzato come sala conferenze straripante di gente, tanto che è stata utilizzata anche la stanza laterale per seguire i saluti istituzionale davanti al video. E ancora i posti a sedere non sono bastati per tutti. Alla fine, applausi. Da oggi scatta l’apertura vera e propria, piacevole per l’occhio e di stimolo per la mente. Non è una collezione di opere in senso letterale, ma un organismo dinamico, pronto ad accogliere a rotazione testimonianze dell’arte e della fede provenienti da conventi, monasteri, certose e chiese delle vallate feltrine e bellunesi, in stretta connessione con il territorio.
C’è il fascino architettonico dell’edificio costruito sulla roccia su uno sperone di via Paradiso e un gioco di rimandi che invita a soffermarsi e approfondire, in questo aiutati dalle più moderne tecnologie. La sala multimediale infatti è dotata di un touch-screen per indagare le vicende del palazzo, la storia della Diocesi e la presentazione delle opere sala per sala. Risorge così, a vent’anni dall’inizio del primo consolidamento (con una tappa intermedia che nel 2007 aveva permesso di aprire al pubblico le prime nove sale nell’ala est), il vecchio “castello del vescovo”, che conserva il racconto del tempo aprendo contemporaneamente lo spazio al nuovo. Quando il palazzo è stato preso in consegna per il restauro aveva problemi strutturali ed era in condizione di degrado, adesso è rinato con la nuova ala ovest, dopo oltre cento restauri delle opere, un lungo lavoro e 7 milioni di euro complessivi di spesa (3 milioni di Cariverona, 1 milione della Regione, 1 milione 900 mila euro di fondi europei e il resto della Diocesi).
La visita inizia nelle cantine, scavate nella roccia (la scaglia rossa di Feltre), dove sono suggestivamente esposti reperti lapidei altomedievali di iconografia paleocristiana. Salendo, sulle pareti dello scalone a sinistra dell’androne campeggiano alcuni armigeri seicenteschi che accolgono il visitatore, prima in tono sospettoso e poi in maniera cordiale. Nel piano mezzanino si trova una sala neoclassica, con pavimento alla veneziana, pareti decorate e soffitto raffigurante l’Aurora. Notevolissima la collezione di sculture lignee tra cui la “parata” dei dodici Apostoli e un fanciullesco (e colorato) San Giorgio e il drago.
Sculture (è esposta la maggiore collezione di Andrea Brustolon, il Michelangelo del legno, come lo definì Honorè de Balzac), ma anche dipinti. Nell’ambiente originariamente dedicato alle udienze spicca un Tintoretto, firmato. Al secondo piano ci sono poi le ex prigioni del palazzo, precedute da una scala di accesso dalla quale si possono ammirare le stratificazioni della originaria torre duecentesca. Si mostrano inoltre vari pezzi di oreficeria liturgica. Meritano poi una menzione le sale riservate ai paramenti liturgici, tutte di particolare pregio ambientale, specialmente quella che presenta un rivestimento in legno settecentesco “a meandri”, commissionato dal vescovo Minucci.
©RIPRODUZIONE RISERVATA .
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Video