Diocesi, un milione di euro per i poveri

Sono stati stanziati dal 2009 a oggi per aiutare le famiglie bisognose: «Ma la situazione ormai sta precipitando»
Di Paola Dall’anese
PD 15 aprile 2006 G.M...Spesa facile. ..(COMELLO) Spesa facile. (COMELLO)
PD 15 aprile 2006 G.M...Spesa facile. ..(COMELLO) Spesa facile. (COMELLO)

BELLUNO. Hanno oltrepassato il muro del milione di euro i contributi erogati dal 2009 a oggi dalla Caritas, tra fondo di solidarietà e altre iniziative a sostegno delle persone indigenti della provincia. Cifre elevatissime, che nemmeno la diocesi di Belluno-Feltre credeva di trovarsi a gestire, all’inizio di questa infinita crisi economica. Numeri drammatici, ai quali risulta difficile far fronte e dare una risposta.

Il fondo di solidarietà. Dal primo luglio 2009, sono state esaminate 540 richieste di aiuto, 364 sono state le famiglie che hanno ricevuto un contributo, per un totale di 1.200 persone. Per questo fondo, ad oggi, sono stati impegnati 584.924,55 euro e in cassa ne restano circa 170 mila euro. Le domande per accedere al fondo vengono presentate alle Acli, una commissione apposita le visiona e le sceglie, in base a determinati criteri.

Nell’assegnazione degli aiuti, come previsto dal regolamento, si è puntato sulle famiglie o sulle persone (italiane e straniere, regolarmente residenti sul territorio della diocesi di Belluno–Feltre), che si trovano in una situazione di disagio economico, dovuta alla perdita del posto di lavoro a causa della crisi. Per accedere al fondo il disoccupato non deve godere di altri sussidi.

«In particolare si è tenuto conto della composizione e della situazione del nucleo familiare (vale a dire del numero dei figli e delle loro esigenze educative, dell’età, dello stato di salute dei componenti, ma anche della presenza di disabili o di persone non autosufficienti...), dell’ammontare delle spese familiari (costi fissi come luce, gas, telefono, visite mediche, trasporti, alimentari, educazione), oltre al carico debitorio derivante da affitto, mutuo o debiti.

A richiedere maggiormente l’aiuto sono le famiglie in crisi e in modo particolare le persone separate, costrette, dopo la perdita del lavoro, a indebitarsi per assolvere ai loro obblighi. «Molto spesso queste persone si trovano al limite della povertà», precisa don Giuseppe Bratti, portavoce della Caritas diocesana, che aggiunge: «Il problema è che i bellunesi stanno soffrendo in silenzio e questo fa sì che si intervenga quando le situazioni sono ormai disperate».

Fondi extra. Per quelle situazioni di disagio che non potevano essere accolte attraverso il fondo di solidarietà, si è provveduto con altre risorse derivanti da offerte e da iniziative della Caritas: in questi quattro anni sono stati erogati per questi casi oltre 450 mila euro.

Le parrocchie. «Si è cercato di fare un lavoro di rete per queste famiglie, contattandole e accompagnandole attraverso i servizi sociali e le parrocchie di residenza». In molte parrocchie esistono ormai dei panieri per i viveri non deperibili o delle somme che vengono stanziate per l’acquisto di generi alimentari, che poi vengono impacchettati e consegnati alle famiglie bisognose. «Sono i parroci le vere sentinelle sul territorio degli effetti della crisi. E questo permette loro non solo di conoscere meglio le varie situazioni di vita delle persone, ma anche di controllare come evolve la situazione nei singoli nuclei familiari. Nel corso di questi anni, in particolare nel 2012 e a inizio 2013, la situazione è molto peggiorata, evidenziando maggiori e più impegnative richieste».

La crisi, quindi, sta imponendo anche alla diocesi una riflessione su cosa sarà del domani, per cercare di capire in che direzione sta andando la “storia”. L’ufficio Cultura e stili di vita in montagna, capitanata da Cesare Lasen, ha proprio avviato una riflessione di questo tipo, per cercare di rivedere gli stili di vita, perché da questa situazione di povertà si possano trarre degli insegnamenti sui comportamenti da tenere nel futuro.

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