«Disonesto e fallito» ma è diritto di critica

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Parla male del capo con i colleghi. Un lavoratore dipendente feltrino, L.A., si era messo nei guai per diffamazione, finendo davanti al giudice di pace a rispondere di questa ipotesi di reato, ma gli è andata bene.

Il tentativo di conciliazione non è riuscito e il giudice Bottoli ha aperto il dibattimento, sotto gli occhi del pubblico ministero Pesco e si è cominciato con l’audizione dei testimoni.

Il lavoratore è difeso dall’avvocato Massimiliano Paniz, mentre il titolare è parte civile con Fantauzzi.

Ha parlato inizialmente il secondo, sulla base delle confidenze di un paio di altri dipendenti, che gli avevano riferito di apprezzamenti molto poco lusinghieri nei suoi confronti e verso gli altri soci. Che i datori di lavoro erano dei falliti, dei disonesti e degli sfruttatori. Gente che stava per dichiarare fallimento. Il futuro imputato l’avrebbe fatta loro pagare.

L’azienda in questione si occupa di autotrasporti e alla parte offesa capitava di sentire la stessa versione dei fatti anche durante qualche sosta, con relativa chiacchierata insieme a dei colleghi.

Quando tutto gli è diventato chiaro, ha presentato una querela. La diffamazione valeva il giudice di pace e i due testimoni ammessi hanno confermato le frasi, ma questo non è bastato. Il dipendente è stato licenziato e ha impugnato il provvedimento, però in questa fase ha rimediato l’assoluzione. Ci sarà appello. —

G.S.

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