Dissequestrato il telefonino si mette bene per Maria Rocco
FELTRE
Il telefono sorride a Maria. Lo smartphone sequestrato dalla polizia tedesca all’attivista cesiolina Maria Rocco sarebbe già in viaggio per l’Italia. Gli investigatori che si stanno occupando delle manifestazioni di protesta contro il G20 di Amburgo dello scorso anno, non ci avrebbero trovato niente di compromettente, tanto meno di penalmente rilevante, e il dissequestro non può che essere interpretato in maniera positiva dall’avvocato difensore Gerrit Onken.
Il processo per l’ipotesi di reato di grave turbamento dell’ordine pubblico non era ancora stato incardinato, ma potrebbe anche scapparci un proscioglimento, ancora prima dell’auspicata assoluzione. La giovane donna ha sempre detto di non aver mai saputo una data precisa e non ce l’avevano nemmeno i penalisti italiani Antonio Prade e Domenico Carponi Schittar, che l’hanno assistita per un breve periodo.
In ogni caso i tempi non sarebbero brevissimi, perché la sua posizione è legata a quella dell’altro feltrino arrestato, Fabio Vettorel, il cui procedimento è cominciato il 7 novembre 2017 e nello scorso febbraio è stato interrotto, perché il giudice Wolkenhauer è rimasta incinta e stava per andare in maternità, al quinto mese.
Il magistrato non si era preoccupata di farsi affiancare da un collega ed ora è tutto da rifare, e a questo punto chissà quando. Durante le udienze, dagli interrogatori dei testimoni dell’accusa non era emerso niente di illegale e nessuno dei poliziotti l’aveva riconosciuto.
Maria Rocco e Fabio Vettorel erano stati arrestati durante la manifestazione della mattina del 7 luglio 2017, nella zona di Rondenbarg, insieme ad altri quattro italiani: Alessandro Rapisarda, Orazio Sciuto, Riccardo Lupano ed Emiliano Puleo.
Dopo il lancio di alcuni oggetti dal corteo e la carica della polizia, i due si erano fermati a soccorrere una ragazza feritasi a una gamba nel salto da un muretto. Maria Rocco era stata portata nella sezione femminile del carcere di Billwerder e Vettorel in quello minorile di Hahnofersand. Al tempo la donna aveva spiegato che «indossavo una felpa scura, jeans e scarpe da ginnastica chiare. Non avevo il cappuccio in testa e non ho lanciato niente, mentre la polizia ci caricava di fronte e da dietro».
Non era vestita da black block, modello Genova 2001, e non aveva spaccato niente, ad ogni modo è rimasta in prigione per 32 giorni, ritrovando la libertà il 10 agosto, dopo lettere, petizioni e l’intervento del console di Hannover, Flavio Rodilosso. È tornata in Italia con la promessa di partecipare a un eventuale processo a suo carico, del quale non solo non si sa niente di certo, ma che dopo il dissequestro del corpo del reato diventa sempre meno probabile.
Non sono mancate le condanne, anche pesanti, a chi ad Amburgo c’era andato per spaccare tutto, ma finora sui due bellunesi non è uscito nulla. E Vettorel si è fatto quattro mesi di prigione. —
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