Disturbi mentali, le rette rischiano di raddoppiare
BELLUNO. Aumenti delle rette nelle strutture che si occupano di persone con disturbi mentali. I sindaci sono sul piede di guerra. Ieri gli ex esecutivi delle conferenze dei sindaci dell’Usl 1 e 2 si sono incontrati per fare il punto su alcune questioni spinose. La prima, delicatissima, riguarda l’applicazione della delibera della giunta regionale 1978/2017, che modifica la quota di partecipazione sui costi delle strutture semiresidenziali e residenziali destinate ai pazienti con disturbi mentali.
In provincia ce ne sono ad Auronzo, Belluno, a Pullir di Cesiomaggiore. In queste strutture viene resa un’assistenza sociosanitaria a chi ha problemi di natura psichiatrica. Se fino all’anno scorso la Regione pagava il 60 per cento della quota e la famiglia della persona accudita il 40, da quest’anno la proporzione è ribaltata: il 40 per cento della cifra sarà coperto dalla Regione, il 60 per cento dalle famiglie. «E a cascata sui Comuni, che aiutano molto spesso queste famiglie a sostenere le spese», spiega il sindaco di Belluno Jacopo Massaro.
Si tratta infatti, nella maggioranza dei casi, di situazioni di disagio sociale, che richiedono un intervento del pubblico per riuscire a coprire i costi del servizio. La retta giornaliera ad Auronzo, per esempio, è di 24 euro per paziente. Significa, all’anno, una spesa di 8.760 euro. Nei casi più complessi si rischia di arrivare al raddoppio della spesa.
I nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza) sono stati stabiliti con decreto ministeriale il 12 gennaio 2017. Sulla base di quel provvedimento la Regione Veneto ha emesso la delibera 1978, con la quale riduce la sua quota di compartecipazione della spesa per l’assistenza ai pazienti psichiatrici. Una situazione che preoccupa molto i sindaci, per due ragioni: le famiglie rischiano di trovarsi a pagare, nei casi peggiori, il doppio di quanto pagano oggi, e se non riusciranno a sostenere la spesa saranno i Comuni a doversela sobbarcare. «Abbiamo già bilanci risicatissimi», puntualizza il sindaco di Feltre Paolo Perenzin. «Cosa succederà se né le famiglie né i Comuni riusciranno a pagare le rette per l’assistenza ai pazienti con disturbi mentali? Saremo costretti a tagliare un servizio?». Eventualità assolutamente da scongiurare.
«Il problema esiste e va posto da un punto di vista politico», spiega Massaro. «Non si possono creare sacche di disagio sociale in una parte della società che già vive una situazione di difficoltà. La Regione sta inspiegabilmente smontando un modello, quello dell’integrazione dei servizi sociali con quelli sanitari, eccellente e che veniva preso ad esempio da molti».
L’intenzione dei sindaci è di avviare subito un’interlocuzione con la Regione: «Poi coinvolgeremo la conferenza dei sindaci permanente, che riunisce tutti i presidenti della conferenze dei sindaci veneti», conclude Massaro. «Pare che l’assessore regionale stia lavorando ad un’ipotesi per risolvere la situazione, con un’extra Lea (ovvero risorse aggiuntive per coprire il delta fra il 60 e il 40 per cento, ndr) da istituire a livello regionale, ma la nostra richiesta sarà pressante», conclude Paolo perenzin. «E faremo pressione anche nei confronti del prossimo governo nazionale».
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