“Dolomiti genuine” lo slogan per sfondare

Luchetta (Unione Montana): «Molte zone sono rimaste come trent'anni fa il territorio non è stato violentato e questo fa la differenza in ottica turistica»
Di Gianni Santomaso

AGORDO. «La chiave è differenziarci per regalare emozioni che solo in Agordino si possono provare». Con essa, secondo il presidente dell'Unione montana agordina, Fabio Luchetta, si può aprire il baule del tesoro messo a disposizione dal ministero per le cosiddette aree interne (lontane dai grandi centri e con inespresse possibilità di sviluppo) e si può creare consapevolezza del patrimonio culturale nella gente del posto per nuove prospettive economiche e sociali all'insegna del brand “Dolomiti Genuine”.

“"Yes, we can”, sembra dunque dire Luchetta. Anzi, “Noi podón” in dialetto locale. Anzi tutti e due, perché l'obiettivo è proprio quello di valorizzare le peculiarità, senza dimenticare di essere parte di un mondo più grande e vicino, dal mare, alle Ville Venete, da Venezia alle cime dolomitiche.

Dopo Asiago e Comelico tocca a voi?

«Noi siamo pronti e, se ci verrà data l'opportunità di accedere a quei 6-10 milioni di euro, partiamo subito. Ci sono stati fatti anche i complimenti per come abbiamo lavorato: anche se non eravamo stati scelti, abbiamo comunque intrapreso un percorso di riflessione sul nostro territorio che non si è svolto come di consueto nei consigli comunali o nelle conferenze dei sindaci. Questa volta gli amministratori hanno creato le opportunità di incontro per i portatori di interesse e si sono seduti di lato, ascoltando e raccogliendo quello che usciva».

E cosa è uscito?

«Dei suggerimenti per far uscire l'Agordino da una situazione che vede il calo demografico, le difficoltà nelle comunicazioni di tutti i tipi, le criticità nel mantenere i servizi essenziali. Ma è uscita soprattutto la consapevolezza di essere parte di un territorio con una grande ricchezza ambientale e culturale finora non sufficientemente sfruttate per caratterizzare un percorso turistico particolare».

Quali queste peculiarità?

«Noi non possiamo pensare di fare concorrenza ai territori limitrofi, così andiamo semplicemente a spartirci il mercato. Certo adesso arriveranno anche da noi, grazie ai Fondi di confine, i centri wellness e va benissimo. Ma questi il turista li trova in tutto il mondo. Noi dobbiamo differenziarci e la differenza ce l'abbiamo già e ce l'abbiamo solo noi. In molte delle sue zone l'Agordino è rimasto genuino come trent'anni fa, non è stato violentato, non ha subìto la cancellazione delle aree verdi e questo è un qualcosa in più che altri territori non hanno. Penso alla mia Vallada, dove si è scelto di dire no alle seconde case e ai condomini. E poi, sembra banale dirlo, ma abbiamo l'aria pulita, delle montagne fantastiche. E ancora un inestimabile patrimonio culturale di cui forse non siamo consapevoli. Penso al grande numero di “tabià”, alcuni addirittura del '600, che finora abbiamo visto solo come edifici da ristrutturare per trasformarli in abitazioni e non abbiamo invece pensato che potevamo usarli per raccontare la storia, l'economia e la cultura che ci stanno sotto. Non dimentichiamo poi le chiese storiche, la prima cooperativa sociale d'Italia di Canale d'Agordo, Villa Crotta ad Agordo, Papa Luciani, le miniere di Valle Imperina e del Fursìl, i siti della Grande Guerra».

Come far emergere tutto ciò?

«Il progetto è tutto da costruire e dobbiamo farlo sedendoci al tavolo con i portatori di interesse. Quello che posso dire ora è che l'Unione montana farà la sua parte e che la maggioranza dei soldi che arriveranno andranno ai privati, perché devono essere loro gli attori principali di questa sfida, penso soprattutto a ciò che riguarda la cura del territorio mediante l'apertura di aziende agricole. Come pubblico dovremo avere un occhio di riguardo per le comunicazioni (digitali e su strada). A tal fine vogliamo dialogare con la Regione per sfruttare Cortina 2021: non sarebbe corretto che l'Agordino restasse fuori».

E Luxottica?

«Averla è una fortuna enorme dal punto di vista economico e di immagine. È una risorsa con cui dialogare e costruire. Di recente sono andato in Austria nel paese dove c'è la fabbrica di Swarovsky, attorno alla quale hanno costruito il museo. I percorsi storici elaborati anche grazie ad artisti hanno creato interesse e corriere che girano. Perché non fare qualcosa di simile anche ad Agordo, sfruttando l'occhiale per realizzare musei ed eventi legati alla moda?».

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