Dolomiti, l’incognita clima: «Può aver causato i crolli»

Antelao, Civetta, Sorapiss: i geologi dicono che le frane ci sono sempre state. Ma secondo Scortegagna c’entrano i macro mutamenti

Neppure l’ultima neve riesce a coprire la ferita lasciata dalla frana caduta lungo il fianco dell’Antelao. «Tutto normale, mi sorprendo della sorpresa – confida Renato Fiori - Ogni notte sento rumori strani di rocce che si staccano». Fiori ha 80 anni, una vita spesa nei rilievi geologici. L’anziano saggio, che abita a San Vito di Cadore, è stato portato in quota anche l’altra sera, per un sopralluogo. «Ho riscontrato qualche possibile instabilità di sassi, ma nulla da consigliare la chiusura delle strade al traffico in paese, come era stato suggerito».

Ma non tutti i geologi la pensano come lui. Ugo Scortegagna, di Mirano, tesserato del Club alpino italiano da lunga data, è uno tra gli studiosi di geologia più accreditati d’Italia, specie per quanto riguarda le terre alte, quelle dolomitiche in particolare. «È verissimo che le montagne vengano giù, o meglio pezzi di montagna, è una cosa naturale. Ma che questi crolli si verifichino in tardo autunno o in pieno inverno (quando tutto dovrebbe essere congelato) questo ci fa riflettere. La risposta si può riscontrare nei cambiamenti climatici che stiamo attraversando, o meglio che il Pianeta Terra sta subendo. Sbalzi di temperatura repentini e frequenti, precipitazioni intense in spazi ristretti e tempi brevi, tutto legato ai cambiamenti climatici in corso, fanno sì che l’acqua che si infila nelle fratture, essendo quelle dolomitiche rocce molto stratificate e ricche di diaclasi, intorno ai zero gradi centigradi (situazioni frequenti a certe quote) si gela e aumenta di volume provocando una apertura e a l l a g a me n to delle fratture. Poi durante il giorno si sgela e le rocce smosse scendono verso il basso, anche in volumi cospicui, come nei casi che abbiamo citato».

L’altro ieri l'Antelao, la seconda cima in Veneto dopo la Marmolada, nei giorni scorsi la Civetta ed il Sorapiss. Nel giugno del 2004, un'estate con ancora presenza di neve in quota, la guglia Trephor, sulle Cinque Torri, l'anno dopo sempre a Cortina un costone dal Pomagagnon. E come non far memoria del tragico distacco del monte Pelmo, il 31 agosto 2011, che costò la vita di due uomini del Soccorso Alpino, Alberto Bonafede e Aldo Giustina? Senza contare le Dolomiti non venete: lo Sciliar e il Sass Maor nelle Pale di San Martino, la Cima Una in Val Fiscalina (Pusteria).

«Sono a conoscenza che l’Università di Padova ha in programma un piano di monitoraggio, per prevenire, o meglio prevedere, i vari crolli, in modo da non creare danni ai frequentatori della montagna. Purtroppo questo sarà il destino delle nostre care Dolomiti, che anche se riconosciute bene dell’Umanità. L’Unesco non le preserva dalle leggi naturali che talora, favorite dall’azione umana, non risparmiano nessuno». Bortolo Sala è il sindaco di Borca. L’ultima frana è avvenuta in territorio di San Vito ma se lo smottamento dovesse insistere, scendendo a valle, coinvolgerebbe Borca, fino alla statale per Cortina. «Ovviamente abbiamo fatto chiudere i sentieri – riferisce Sala – però la strada non è a rischio. D’altra parte, fenomeni come questi si verificano ogni primavera, con il disgelo». La più colpita è proprio la parete del distacco dell’altro ieri. «Tutto naturale, d’accordo. Ma non dimentichiamoci mai – suggerisce Scortegagna – che in montagna vige la legge dell’equilibrio non lineare, pertanto piccoli effetti di cambiamento provocano danni irreversibili. E in qualche misura anche l’uomo può avere un ruolo». Appunto, con il riscaldamento della temperatura.

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