Dolomiti Unesco: polemica sui nuovi impianti di risalita in Cadore
Fa discutere il progetto di San Vito. Il segretario: dovrà passare quattro valutazioni
BELLUNO.
«L'Unesco, in quanto organo di natura culturale, scientifica ed educativa, non può e non deve imporre nuovi vincoli ma stimolare, raccomandare, suggerire quelle azioni che consentano di coniugare il mantenimento del bene e la sua fruizione in una dimensione molto più ampia di quella finora avvenuta, ovvero "...a mantenere il Valore Universale Eccezionale e le condizioni di integrità del bene in previsione dell'aumento dei visitatori a seguito dell'iscrizione..."». Il segretario generale della Fondazione Unesco, Giovanni Campeol, interviene nella discussione, che il Corriere delle Alpi ha avviato da parecchie settimane, sulla possibile costruzione di nuovi impianti di risalita e di piste di sci all'interno di una delle aree più importanti del sito Unesco, tra San Vito e Selva di Cadore. Una discussione che va al di là dell'area geografica interessata ma coinvolge l'intera provincia e il futuro del turismo. Per settimane abbiamo pubblicato vari articoli di favorevoli e di contrari al progetto, senza che questo suscitasse neppure un rigo di commento a livello provinciale o di Fondazione. A scuotere Palazzo Piloni è stato invece l'intervento di Cesare Micheletti, uno dei tre esperti che hanno preparato il dossier della candidatura delle Dolomiti a patrimonio dell'umanità per conto delle cinque Provincie interessate.
E in due giorni, ecco le repliche di Ivano Faoro, pubblicata sul giornale di ieri, quello di Alberto Vettoretto, in qualità di presidente della Fondazione e dello stesso segretario generale Campeol.
Cominciamo da quest'ultimo. Campeol ribadisce quello che si è sempre detto: l'Unesco non impone vincoli, non boccia progetti urbanistici, non taglia le gambe all'imprenditoria locale. L'Unesco si limita a dire se i progetti che si vogliono fare sono compatibili con i principi che hanno consentito di inserire l'area in questione tra quelle con marchio Unesco.
Spiega Campeol: «In relazione al progetto per la realizzazione degli impianti sciistici tra San Vito di Cadore e Selva di Cadore, è necessario ricordare che la strumentazione urbanistica vigente prevede tutta una serie di vincoli che devono essere rispettati e che sono stati recepiti nei documenti della candidatura. La presenza di questo ampio e stratificato sistema vincolistico presuppone che qualsiasi intervento di natura progettuale o pianificatoria deve essere soggetto ai procedimenti di valutazione ambientale che, nel caso in oggetto, riguardano la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), la Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA), la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e la Relazione paesaggistica».
Anche di questo si è parlato ampiamente in passato, durante la presentazione della candidatura e nel momento in cui sono state inserite le aree: i vincoli c'erano già, le aree inserite erano già ampiamente tutelate, non dall'Unesco, ma dalle leggi europee, nazionali e regionali.
Continua il segretario generale: «Si tratta di quattro procedimenti di valutazione che permettono di verificare la compatibilità ambientale complessiva del progetto. Trattandosi di un intervento che coinvolge delle baffer zone di un sito seriale del patrimonio Dolomiti Unesco, sarà necessario che le strutture decisionali tengano in particolare attenzione le tematiche paesaggistiche e geomorfologiche, ovvero i criteri per i quali il sito è stato inserito nella WHL (la lista Unesco, ndr.), anche dal punto di vista dell'integrità».
E' questo il punto nodale, l'integrità del bene. Secondo Micheletti, sulla base di quello che i valutatori Unesco hanno accettato che fosse inserito nelle aree, le piste di sci e gli impianti non sono compatibili. E non perchè lo dice Micheletti, ma perchè è stato ampiamente dimostrato dalla esclusione attuale dalle aree Unesco di tutti gli impianti di risalita e di tutte le piste di sci, con una sola vera eccezione che è la Marmolada.
Campeol spiega cosa si intende per integrità del bene: «Esso va declinato secondo questi principi: con integrità morfologica si deve intendere che la forma delle strutture montane non venga modificata cambiandone in modo rilevante le forme e le dimensioni; con integrità paesaggistica si deve intendere che la percezione della qualità del paesaggio, letto attraverso opportuni coni ottici così come definiti nelle linee guida dal Dpcm 12.12.2005 e nella Convenzione europea del paesaggio, allo stato ex ante una trasformazione, deve rimanere la stessa; con integrità biotica si deve intendere che le specie e gli habitat non debbano subire modificazioni irreversibili, ovvero significative».
Cosa farà la Fondazione Unesco? «La Fondazione, nel suo ruolo di monitoraggio delle trasformazioni, verificherà che le condizioni vengano rispettate e nel caso ciò non avvenisse suggerirà quelle che potranno essere le mitigazioni e le compensazioni».
Se il progetto si dimostrerà compatibile con il sistema ambientale e rispettoso dei criteri per i quali il sito è stato inserito nella lista, ovviamente la Fondazione prenderà atto della trasformazione creata. E potrà spiegare a livello nazionale e internazionale la bontà dell'intervento, conclude Campeol.
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