Don Sandro è prete a 26 anni. «Porterò il Vangelo tra la mia gente»

Domenica 17 la prima messa a Caviola. «Il parroco don Bruno De Lazzer è stato per me un esempio»
Francesco Dal Mas

BELLUNO. Sabato 16 ottobre l’ordinazione sacerdotale, domenica la prima messa, a Caviola. Don Sandro De Gasperi ha solo 26 anni. È nato ad Agordo l’8 agosto 1995. È figlio di Enrico e Tatiana Fontana, ha un fratello, Renato. Ha fatto il liceo Tiziano a Belluno. «Ogni giorno», racconta, «un’ora e un quarto di corriera per scendere e altrettanto tempo per rientrare».

È entrato in seminario a Belluno dove è rimasto due anni, poi ne ha fatti cinque in quello di Trento.

Come cambia la vita farsi prete?

«Io ho ricevuto un dono, una grazia. E ora ho il dovere di consegnare questo dono, la mia vita, agli altri... Di regalargliela, se così posso dire».

Il suo mentore, se possiamo definirlo così, è stato don Bruno De Lazzer.

«Sì, il mio parroco, qui a Caviola. E stato per me un esempio, nella sua semplicità e nella quotidianità».

Don Bruno vi ha fatto scarpinare molto in montagna, con le sue escursioni estive...

«Ci ha fatto innamorare del creato. Che abbiamo il dovere di conservare, di tutelare. Ci ha fatto conoscere e apprezzare il silenzio della montagna».

Non le costerà lasciare definitivamente, forse, la valle del Biois?

«Io sono ora in servizio a Feltre. Là mi prendono un po’ in giro, perché nel mio ufficio, sopra il computer, c’è una grande foto del Civetta, che a Caviola vedo dalla finestra di camera mia. È vero che si viene espiantati, è vero che si è chiamati a lasciare le cose belle del proprio paese, ma la bontà e la bellezza che ho potuto respirare e che tante persone mi hanno trasmesso, queste rimangono e le porterò con me. Allora non si è fisicamente dove si è nati, ma si è dove si è mandati, grazie a quanto il paese dove sono nato mi ha dato e mi ha regalato».

Gli amici la definiscono un po’ secchione, se permette; a scuola era davvero bravo. Parla tre lingue, anzi quattro.

«Non esageri. Mi arrangio col tedesco e l’inglese. Ovviamente parlo l’italiano e anche un po’ di ladino».

Il seminario a Trento è stato un valore aggiunto?

«Indubbiamente le Chiese di Belluno-Feltre e Trento hanno un futuro di collaborazione davanti a loro. A Trento mi sono trovato bene; è stata un’esperienza di apertura, di respiro, di collaborazione, fatta di tanti incontri e tante relazioni. E poi i miei antenati arrivano dal Trentino...».

È imparentato con la famiglia dello storico statista?

«Magari...».

Lei ha appena 26 anni. Dicono che abbia solidi studi teologici. È forse uno fra quei giovani “cervelli” che prenderà il largo?

«È evidente che voglio bene alla mia terra, alla mia Chiesa. Farò quello che il vescovo deciderà di affidarmi. Quanto alla teologia, in effetti mi ha appassionato molto il suo studio in particolar modo quando si tratta della persona di Gesù, il mistero di Dio e l’uomo nel pensiero teologico, quelle materie che in gergo tecnico si chiamano cristologia, trinitaria e antropologia teologica».

Chissà se l’antropologia teologica ha qualcosa da dire anche a riguardo dello spopolamento di questa provincia.

«Ha da dire che dobbiamo guardare con sempre maggiore interesse ai segnali di speranza. La crescita zero non è una caratteristica solo di questa provincia, riguarda tutto il Paese. Mi pare che ci siano nuove sensibilità, a tutti i livelli. Ed è rassicurante come si comportano tanti miei coetanei che stanno riaprendo rifugi, ristoranti, si impegnano nell’agricoltura».

Forse non basta, ci vuole anche l’industria, quella innovativa e sostenibile.

«Mi sembra che sia in atto un dinamismo, anche da parte delle categorie economiche, che va in questo senso. Pure attraverso la formazione di qualità».

Qual è il suo proposito di prete da poche ore?

«Spero davvero di poter portare il Vangelo vicino alla gente, con quello che sono. Spero che allora avrò imparato ad ascoltare il Vangelo, che mi viene annunciato dalle situazioni che incontro e dalle persone che incontro, dalle comunità che incontro».

Ma chi è il prete oggi?

«Dietro ogni prete c’è una storia d’amore, una storia di attrazione, una storia di servizio».

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