Donne nella sanità: uno studio dell’Anmil

L’associazione mutilati e invalidi del lavoro ha illustrato anche un ddl. Più infortuni rispetto al Veneto

BELLUNO. Prendersi cura di chi ci cura. Il progetto è dei 1400 iscritti all’Anmil, l’associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro e riguarda le donne, che operano nella sanità. Nell’Usl 1, sono in maggioranza, tra medici e infermiere. Il presidente Aldo Tollot ha presentato uno studio sui rischi che interessano queste professionalità e illustrato il disegno di legge numero 1769 sulla tutela dei superstiti, dei caduti sul lavoro e delle vittime firmato dalla senatrice Silvana Amati. Il dato più interessante è che in provincia il numero degli infortuni femminili è in controtendenza, rispetto al dato regionale. Mentre nel Veneto sono calati complessivamente del 3,2 per cento nel periodo tra il 2009 e il 2013, da queste parti sono aumentati del 15,6, passando da 167 a 193. A livello nazionale, la flessione è stata ancora più sensibile con il 13,7, in linea con Rovigo, che si attesta all’11,3.

Per la festa della donna, Tollot ha spiegato che «abbiamo voluto puntare l’attenzione sui rischi (vecchi e nuovi): la caduta della persona, i movimenti sotto sforzo fisico, ma anche la violenza, le aggressioni e i tanti disturbi dell’apparato muscolo-scheletrico». Sembra strano parlare addirittura di aggressioni, ma capitano anche quelle, anche se di rado, specialmente nei reparti di pronto soccorso e da parte dei parenti degli ospiti. Non è una preoccupazione infondata quella di blindarli.

Lo Spisal è il servizio di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro: «C’è un calo continuo nell’ultimo periodo», garantisce la responsabile Daniela Marcolina, «e questo può essere dovuto anche alla crisi economica e alla diminuita occupazione. Naturale che i numeri siano diversi da quelli di altri settori, come l’edilizia o il metalmeccanico. Anche nella sanità non mancano le cadute, ma si tratta di situazioni diverse e, quindi, meno gravi. La situazione è più tranquilla, da questo punto di vista. Semmai la sanità può pagare un conto più alto all’anzianità degli addetti».

Fondamentale la formazione degli operatori, dai nuovi assunti ai più esperti: «Cominciamo col dire che la tendenza degli infortuni è in calo», premette il responsabile della sicurezza dell’Usl 1, Righes, «quello che capita più di frequente è di scivolare con gli zoccoli sui pavimenti sempre puliti e lucidati oppure di fare delle piccole cadute. Non sono numeri elevatissimi, se pensiamo che ogni giorno, all’ospedale San Martino vanno e vengono tra le 2.000 e le 4.000 persone. La nostra azienda fa grandissimi investimenti sulla formazione e questo ci aiuta a limitare ulteriormente i problemi. Passo gran parte del mio tempo in questo ed è tempo speso bene».

C’è anche il discorso delle malattie professionali, dovute al rischio biologico: «Il ruolo della donna si sta evolvendo», osserva Maria Cristina Targon, «e la loro presenza in ospedale è sempre più massiccia, tanto da raggiungere il 70 per cento degli impiegati. Mi occupo di questo genere di incidenti, che possono essere dovuti a un ago e ad altro materiale e devo fare i conti anche con l’età più avanzata e il turn over inferiore». (g.s.)

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