Donne penalizzate: vanno a loro le indennità più basse
L’analisi
La fotografia della realtà pensionistica bellunese restituisce uno scenario nel quale i settori privato, sportivo e dello spettacolo percepiscono ancora quasi il doppio della loro controparte femminile. Va un po’ meglio agli ex lavoratori del pubblico, ma spesso gli assegni non si avvicinano ai mille euro mensili.
In provincia sono 60.285 i pensionati, dei quali 31.870 uomini e 28.415 donne. Gli ex dipendenti privati sono 68.179 (28.828 maschi e 39.351 femmine) e il valore medio degli assegni si attesta a 925 euro lordi mensili; di questi, però, a pesare di più sono quelli destinati agli uomini: 1.270 euro lordi medi al mese contro i 670 delle donne. Gli ex dipendenti del pubblico impiego, invece, sono 11.426 (4.648 uomini e 6.778 donne) e il valore medio lordo mensile delle pensioni si attesta sui 1.740 euro (2.170 per i maschi e 1.440 per le femmine). Gli ex lavoratori dello spettacolo e gli ex sportivi professionisti bellunesi (74 in tutto), percepiscono una pensione media di 865 euro lordi mensili (1.003 uomini e 682 donne). Questo considerando che il numero dei pensionati è inferiore a quello totale delle pensioni, perché, mediamente, ogni persona in pensione percepisce circa 1, 13 pensioni.
«Analizzando gli ultimi dati dell’osservatorio statistico dell’Inps nazionale sull’andamento pensionistico italiano, si rileva che il 70% delle pensioni non supera il valore di mille euro mensili lordi», sottolinea Franco Piacentini, già segretario regionale Spi Cgil Veneto, «non è una novità, bensì l’ennesima periodica conferma che il valore delle pensioni non è mai stato completamente adeguato al reale costo della vita. Negli ultimi dieci anni le pensioni hanno perso il 30% del loro potere d’acquisto. Quindi il 70% degli attuali assegni pensionistici degli ex lavoratori dei settori privati, continua ad essere bloccato su un valore medio di circa 800 euro lordi mensili».
Con meno di mille euro mensili è chiaro che i pensionati non arrivino serenamente a fine mese, anzi, molti di loro (circa 900mila in Veneto) si trovano in povertà assoluta o sono a rischio povertà. «Gli esigui aumenti (nel 2020 +0,4%) provenienti dalla “scala mobile pensionati” (adeguamento automatico delle pensioni sulla base di una opinabile rilevazione Istat e di un paniere di prodotti e di servizi non molto corrispondente con la realtà dei costi della vita, dei consumi e delle necessità degli anziani) non fanno cambiare le condizioni di vita», continua Piacentini, «e ciò porta inevitabilmente alla riproposizione di una necessaria nuova riforma previdenziale, per dare dignità ai pensionati di oggi e certezze per i giovani: gli anziani di domani».
«Dopo la pandemia dovranno prevalere buon senso, serietà, disponibilità politica, concertazione sociale tra Cgil, Cisl, Uil, associazioni imprenditoriali e Governo, altrimenti il sistema pubblico previdenziale potrebbe subire serie ripercussioni finanziare negative», conclude Piacentini, «sulle pensioni e sulle condizioni dei pensionati, non dovranno esserci slogan elettorali, bensì tantissima serietà per una concreta e condivisa riforma previdenziale intergenerazionale». –
Fabrizio Ruffini
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