«Due beati bellunesi» l’auspicio del cardinale
AGORDO. Le campane di Canale suonano a festa come quel 26 agosto 1978 in cui Albino Luciani venne eletto papa.
«Mi auguro di risentirle presto per la beatificazione di Giovanni Paolo I, insieme a quella di Paolo VI» sorride il cardinale Saraiva Martins, prefetto emerito della congregazione per le cause dei santi.
È possibile che questo avvenga entro un anno, prima cioè che si concluda l’anno della fede? «È possibile, anche se i processi sono di solito molto complessi, ma in questo caso le fasi sono avanti. Anche per quanto riguarda la certificazione dei miracoli, cosa sempre molto delicata. Dirò di più, considerato che ho conosciuto bene sia Montini che Luciani, spero che possano essere beatificati insieme».
Parola di porporato. Ma il cardinale Martins affida a “Il Corriere delle Alpi” un altro segreto: «Scriva pure che confido in una terza, rapida beatificazione, quella del vostro padre Felice Cappello che, tra l’altro, è stato mio apprezzato insegnante».
Cappello è nato a Caviola e di lui si ricorda quest’anno il 50° della morte. La causa di beatificazione è iniziata ancor prima di quella per Luciani. Del “papa dei 33 giorni”, invece, quest’anno è il centenario della nascita. Il paese trabocca di bandiere italiane e del Vaticano. Il clima è davvero quello della festa. Una bellissima mattinata di sole accoglie i pellegrini fin dalle prime ore del mattino.
Da Sotto il Monte, il borgo in cui è nato un altro beato, Giovanni XXIII, che da patriarca di Venezia volle Luciani vescovo, inviandolo a Vittorio Veneto, è arrivato un gruppo di fedeli che abbina il sorriso del loro pontefice con quello di “don Albino”, come ancora chiamano Luciani da queste parti. «Eminenza, faccia tutto il possibile perché il nostro don Albino sia portato al più presto agli onori degli altari», è il familiare saluto che Rinaldo De Rocco, il sindaco, rivolge al cardinale mentre entrambi attendono il parroco, don Mariano, occupato negli ultimi preparativi. Il cardinale riceverà da lì a qualche minuto il benvenuto delle autorità, presenti i sindaci della Valle, il presidente della comunità montana, i responsabili delle forze dell’ordine, e un gran gruppo di rappresentanti delle associazioni.
Proverà, Martins, a parlare di “papa Luciani”, ma anche lui cederà, subito dopo, al più familiare “don Albino”.
«È stato un vero pastore, sempre vicino alle sue pecore. Tutta questa gente gli vuole ancora bene, a 34 anni di distanza dalla sua morte, perché lo sente come un padre». Più tardi, durante la messa in una chiesa strapiena, Martins inviterà gli abitanti di Canale e del Bellunese a pregarlo già «come il vostro patrono», additandolo come l’«uomo della gioia», trovando in lui «un amico, un modello da riprodurre, un progetto». L’uomo della verità, Luciani; l’uomo alla ricerca della verità, tanto più necessario in una società liquida come la nostra. Non c’è vetrata di negozio, non c’è muro da cui non venga proposto il volto sorridente di “don Albino”.
«Io sono il piccolo di una volta» si legge in un lungo festone appeso sulla facciata dell’arcipretale, in cui viene riprodotta anche una foto del piccolissimo Luciani. All’interno della chiesa – sono le 9 del mattino – c’è già un via vai di pellegrini, giovani e anziani inginocchiati in preghiera. E a lato della statua in bronzo, sono ben 108 i ceri votivi già accesi. Non c’è spazio per nessun altro. Fuori, in piazza, ci sono le giostre e lungo le strade caratteristiche del paese, con i muri affrescati, si svolge il tradizionale rito della festa di San Giovanni Battista. Uno stand propone anche opere d’arte del Parco delle Dolomiti. Tra le bancherelle transiterà anche il cardinale, accompagnato dai sindaci e dai volontari. Non mancherà di ripetere, più volte: «È tutto bellissimo. Dirò di più, ho viaggiato in tutto il mondo, ma non ho trovato un paesaggio ed un calore come questi». Poi in omelia dirà: «Don Albino durò il tempo di un sorriso». E ancora: «Ha interpretato a meraviglia il sorriso che Dio ha generosamente diffuso in questo splendido paesaggio e lo ha proposto al mondo intero. Ebbene, questo sorriso echeggi sui nostri volti, perché il pessimismo non è cristiano, tanto meno in tempi di crisi come questi, la paura non ha nulla a che vedere col Vangelo».
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