Due detenuti: «Vescovo, ci battezzi»

La richiesta durante la messa della vigilia di Natale in carcere. Don Renato: «Non dobbiamo avere paura, loro sono un esempio»
BELLUNO. Tante, troppe paure anche fra i bellunesi. A Natale il vescovo Renato Marangoni ha provato ad esorcizzarle. E chi ha chiamato a rassicurare, rilanciando il messaggio evangelico di Betlemme “Non temere”? I detenuti del carcere di Baldenich. Proprio loro, che stanno pagando con la detenzione le paure provocate con le loro malefatte.


Il vescovo ha, infatti, raccontato, nelle omelie delle celebrazioni che sono tra le più ovattate dell’anno liturgico, le testimonianze raccolte in carcere, poche ore prima. «Per me è stato duro aspettare il Natale», gli ha raccontato un detenuto. «Non ho potuto essere presente nel momento della nascita dei miei gemelli. Quello che mi sta a cuore è fare loro da papà. Chiedo a lei di essere battezzato. Questo mi viene dal cuore, perché vorrei far crescere i miei figli con la fede della mamma. Spero che lei possa aiutarmi a cominciare un percorso entrando in una comunità cristiana. Quel giorno sarà molto bello e importante per me e per la mia famiglia, come il Natale e la nascita di Gesù». E un secondo carcerato si è rivolto al vescovo con quest’altra assicurazione: «Tutto quello che ho passato e sofferto è niente oggi che è Natale, se penso a tutto il bene che posso fare».


«Sono parole che rispondono all’appello: “Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo”», ha chiosato il vescovo tra la sorpresa dei presenti.


I detenuti come modello di conversione, ovvero un pugno nello stomaco la notte e il giorno di Natale. Evidentemente don Renato era stato colpito dall’incontro con una sessantina di carcerati per la messa di Natale, concelebrata insieme al cappellano fra Olindo Donolato, alla presenza dei volontari del gruppo «San Francesco». Le letture del giorno sono state lette a turno da alcuni detenuti, uno dei quali, visibilmente commosso, ha esternato il suo desiderio di essere battezzato e la sua gioia per la nascita dei suoi due figli gemelli alla quale non ha potuto assistere. La sua testimonianza è stata portata dal vescovo alla messa di mezzanotte, celebrata in Duomo a Belluno: «Questa persona in carcere mi ha raccontato la sua storia, le paure, i timori», ha spiegato il vescovo durante l’omelia. «Le sento, queste parole, come un’attualizzazione per tutti noi di quel “non temere” rivolto ai pastori».


Di questo e di altri detenuti, il vescovo ha accolto la richiesta di cominciare il cammino di iniziazione cristiana che li porti al battesimo: saranno accompagnati da un diacono e da una suora. Poi il vescovo, dopo aver riferito le parole del detenuto, ha commentato: «Mi chiedo, ci chiediamo se noi come comunità cristiana sapremo dire con il cuore: “non temere”. Sì, sono tanti, anzi sono troppi», ha ammesso don Renato, «i motivi per cui temiamo. La paura è sempre lì alla nostra porta. Ci imbattiamo sempre con essa. Oramai i nostri pensieri la trasudano in ogni circostanza e i nostri sentimenti rischiano continuamente di esserne contaminati. I nostri rapporti e legami sono trattenuti da un’ossessione di sicurezza che non ci fa più capaci di guardare al futuro con attesa, con crediti di fiducia, con la passione e la cura degli inizi e la coltivazione dei germogli».


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