Due imprenditori rischiano 4 anni per bancarotta: favorirono un figlio

I titolari dell’impresa edile Baldissera sono in tribunale. Rispondono anche di truffa e accesso abusivo al credito

FONZASO. Bancarotta preferenziale: due impresari rischiano quattro anni a testa. Ma la Fintitan di Venezia chiede non solo la condanna alla pena di giustizia di Gianni Luigi e Luigia Baldissera, ma anche 88 mila euro di risarcimento, dei quali 66 mila per danni patrimoniali. Il pm Gallego e il legale di parte civile Pea hanno presentato le loro richieste, alle quali il difensore Montino ha replicato con l’assoluzione o perché il fatto non sussiste o in quanto non costituisce reato. Eventuali repliche e sicura sentenza il 27 marzo.

Perché bancarotta preferenziale, prima del concordato preventivo del 24 dicembre 2011 e della sentenza di fallimento del 21 marzo dell’anno dopo? Secondo gli accertamenti della Procura della Repubblica, poiché, malgrado la crisi nel corso nel 2011, hanno pagato 96 mila 610 euro e spiccioli al fornitore Emanuele Forlin, figlio di Luigia Baldissera.

Ma non è l’unica accusa: non avrebbero chiesto il fallimento, nonostante perdite fino a 3,2 milioni di euro; si sarebbero macchiati di truffa aggravata nel momento in cui sarebbero ricorsi abusivamente al credito bancario per oltre 110 mila euro, nascondendo i problemi economici che c’erano. Il meccanismo è stato quello della cessione alla Cassa Rurale di Castello Tesino di crediti rispettivamente per 67.980 dall’Alto Trevigiano srl e 43.753 dalla Solar Green Energy , salvo poi chiedere a queste due società l’accredito dei soldi alla Banca Popolare dell’Alto Adige per complessivi 110 mila euro.

Infine, accesso abusivo al credito: dopo la messa in liquidazione dell’impresa, avrebbero comprato cemento d’importazione greca dalla Fintitan, pagandolo con assegni post-datati a 60 giorni. Tra settembre e dicembre 2011, i titoli sono stati interamente incassati, mentre da dicembre in poi mancava la provvista ed è rimasto un buco di 55 mila euro.

Nell’udienza di ieri, dedicata alla parte civile e allo specialista della difesa, il primo a deporre è stato il rappresentante dell’azienda veneziana, che ha spiegato come di solito venisse pagato con una fideiussione oppure una ricevuta bancaria, tanto più che con la Baldissera c’era stato qualche problema in passato. Ha accettato gli assegni e, alla fine, se n’è pentito. Una fornitura è stata consegnata, ma non pagata all’autotrasportatore. La dipendente della Solar Green è arrivata in treno da Milano, per dire dell’esistenza di pressioni per pagare la Baldissera. Alla fine della fase istruttoria, il consulente nominato dalla famiglia, che, con la sua cautela e le ipotesi formulate, senza aver nemmeno sentito i due imputati, è stato - a giudizio del pubblico ministero - il migliore testimone dell’accusa. —

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