Due medici in meno al Trasfusionale: a rischio i prelievi e il centro di Agordo
Nubi fosche si stanno addensando sulle donazione di sangue ma anche sulla intera operatività del Centro trasfusionale dell’ospedale San Martino e degli ospedali di Agordo e di Pieve di Cadore. A fine anno va in pensione uno dei quattro medici in servizio a Belluno in questo momento, il dottor Pirola. A fine aprile altro importante pensionamento, quello del direttore del dipartimento trasfusionale, Stefano Capelli. . A quel punto resteranno in servizio solo due medici, con una sola speranza: che il concorso bandito in Regione per cercare 18 medici per il trasfusionale vada a buon fine e che arrivino i due previsti per il San Martino.
È il quadro emerso ieri mattina durante l’assemblea dell’Associazione provinciale dei donatori di sangue, alla presenza, tra gli altri, del nuovo direttore scientifico del Crat (Centro regionale attività trasfusionali) Giovanni Roveroni. Un quadro illustrato dalla presidente dell’Abvs Gina Bortot che non ha esitato a parlare di possibile chiusura del centro di Agordo, di drastica riduzione delle donazioni, di rischio di perdere una intera vallata di donatori come quella agordina.
«Il donatore che parte da Livinallongo, ed ora si reca ad Agordo, cosa farà in futuro? Giungerà fino a Belluno?». Ma soprattutto troverà all’ospedale di Belluno il personale in grado non solo di ricevere la sua donazione ma di mettere in campo tutte le attività che stanno dietro ad un “semplice” braccio teso? Ci ha pensato lo stesso dottor Capelli a illustrare i dati dell’attività complessa e molto variegata che viene svolta dal dipartimento trasfusionale. Il direttore del Crat ha annunciato che è stato bandito un concorso a livello regionale per trovare 18 medici trasfusionisti, di cui 2 potrebbero arrivare a Belluno. Ma nello stesso tempo sono stati ricordati concorsi precedenti, che non sono riusciti a coprire i posti messi a disposizione. E così cosa accadrà dal primo aprile in poi è una vera incognita che non riguarda solo i donatori di sangue ma i pazienti che di quel sangue (e dei suoi derivati, farmaci compresi) hanno un estremo bisogno.
Nel frattempo la bozza di accordo e il calendario dei prelievi presentato in linea con quanto fatto nel 2019 alla Usl non è stato approvato e attivato, proprio in considerazione dell’incognita medici. Capelli ha osservato che se il concorso dovesse andare a buon fine e si trovassero i due medici per l’ospedale di Belluno, non potrebbero arrivare comunque prima di maggio. E che la carenza in Veneto di medici trasfusionisti è di 31 unità, le 18 che dovessero essere coperte dal concorso (se tutto va a buon fine) «sono comunque solo un “tacon”, come si dice da queste parti» ha commentato il medico. I vertici dell’Abvs e i donatori sono preoccupati. Il presidente della Provincia, Roberto Padrin, ha promesso il suo interessamento. Da subito, quando le notizie dei prossimi pensionamenti sono cominciate ad uscire, la presidente Bortot si era messo in contatto con l’assessore regionale Lanzarin, spiegando l’organizzazione e il lavoro che stanno dietro alle donazioni dell’associazione bellunese. «Nulla verrà lasciato intentato per non perdere una eccellenza della sanità bellunese» ha detto la Bortot. Le prime conseguenze si stanno vedendo: mentre sono state confermate le cessioni di sangue fuori dalla Usl a favore dell’azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari e a favore del dipartimento di Venezia - Mestre, non sono state confermate le cessioni al policlinico Tor Vergata di Roma e quelle non programmate verso gli altri centri trasfusionali del Veneto. —
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi