Duecento agnelli dell’Alpago salvati dalla zona arancione

La chiusura della ristorazione mette ancora in difficoltà la cooperativa “Fardjma” «Le prenotazioni si sono quasi azzerate»

CHIES D’ALPAGO

Gli agnelli dell’Alpago hanno di che festeggiare. In 200. Tanti, infatti, non sarebbero condannati alla macellazione. Usiamo il condizionale, perché in verità gli allevatori della “Fardjma”, la cooperativa che si prende cura della pecora dell’Alpago, stanno cercando macellerie disponibili a vendere questo tipico prodotto pasquale, molto blasonato.

«Abbiamo 3 mila pecore, distribuite tra 25 famiglie», spiega il presidente Zaccaria Tona. «Ogni anno portiamo alla macellazione 700 agnelli, quindi solo una parte. Duecento di questi li vendiamo solitamente a Pasqua, 150 nei ristoranti, da Cortina a Venezia, 50 nelle macellerie. Ma in questi giorni le prenotazioni si sono azzerate perché la ristorazione è ferma. Ci stiamo adoperando per verificare se qualche altra macelleria ci dà una mano».

31 euro al chilo, ecco quanto costa un agnello. Se non ci fosse la contribuzione europea per mantenere in vita la pecora dell’Alpago, le aziende opererebbero in perdita. «Con la vendita degli agnelli, i prodotti lattiero caseari e le confezioni di lana diamo copertura al 45% delle spese, non di più», informa Tona. «Quindi garantiamo l’allevamento quasi fosse una passione».

Una passione che riguarda un centinaio di famiglie, ma per la maggior parte queste hanno meno di 10 pecore e gli agnelli li consumano in proprio. Giorni fa è arrivata la prenotazione di 20 agnelli. Da Londra, addirittura. «Purtroppo abbiamo dovuto rispondere che non siamo attrezzati per l’invio. Al massimo arriviamo a Milano, ma solo in situazioni eccezionali», mette le mani avanti il presidente.

Le pecore che da secoli pascolano in Alpago appartengono a una popolazione autoctona, così, peraltro, come quelle di Lamon, anch’esse di una razza particolare (300 gli esemplari). Quella alpagota è una pecora di taglia medio-piccola ed è caratterizzata dalla testa acorne con profilo leggermente montonino e dalla presenza di una fitta maculatura di colore marrone, nero e raramente rossiccio.

Il prodotto tipico è appunto l’agnello e viene venduto al peso vivo di 15-20 kg. Gli agnelli macellati vengono venduti interi o come mezzene nel caso di agnelli leggeri, o a pezzi nel caso di agnelli pesanti. Gli animali a fine carriera produttiva, invece, sono utilizzati per fare insaccati. La tipicità della razza e il tipo di alimentazione influiscono sulla qualità della carne che è particolarmente ricercata. Gli agnelli vengono uccisi una volta raggiunti i 5-6 mesi di vita e le carni vengono frollate per 10-15 giorni, successivamente vengono tagliate e divise in vari pezzi e quindi immesse nel commercio.

La carne è utilizzata in vari modi in particolare per la preparazione dell’agnello al forno, del cosciotto al forno con cottura rosa che esalta la sapidità e delicatezza delle carni, del carré in cottura rosa, allo spiedo.

La pecora alpagota sembra preferita anche dai lupi. «In tre anni», denuncia Tona, «se ne sono mangiate 365. Se vi par poco…». —



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