Duemila over 50 disoccupati. Cgil: «Sono a rischio povertà»

Il segretario De Carli: «La crisi? Va meglio, ma ci sono situazioni preoccupanti» E sul reddito di cittadinanza: «Almeno quattrocento i bellunesi interessati»





Lavoro piuttosto che l’assistenza. Ecco la priorità per la Cgil di Belluno che oggi si riunisce a congresso alla Birreria di Pedavena. Per Mauro De Carli, segretario uscente che sarà chiamato a succedere a se stesso, la priorità sono quei 2 mila disoccupati ultracinquantenni che rischiano la marginalizzazione, oltre ai tanti, troppi precari che stanno aumentando anche ai piedi delle Dolomiti.

Siamo o non siamo fuori dalla crisi?

«Stiamo uscendo, seppur al rallentatore. Ma siamo preoccupati per i circa 2 mila bellunesi sopra i 50 anni che, espulsi dal lavoro negli anni della crisi, ora non trovano ricollocazione e rischiano di finire abbandonati, isolati, fino a essere catturati dalle varie forme di dipendenza, l’alcolismo in particolare».

Quindi?

«Dobbiamo aiutarli a ricollocarsi. Nell’ambito del Fondo provinciale del welfare individueremo alcune piste di lavoro, coinvolgendo le categorie economiche perché recuperino opportunità d’integrazione. Attenzione, siamo in presenza di persone che rischiano anche di rimanere senza reddito».

Beh, adesso potrete contare sul reddito di cittadinanza?

«Lei sa che cosa prevede la legge? Il sindacato ancora no. Speriamo soltanto che non provochi ulteriore disoccupazione».

Come potrebbe accadere a Belluno?

«Un precario che arriva a 650 euro al mese potrebbe essere invogliato a lavorare in nero, affidandosi al reddito di cittadinanza che garantisce fino a 780 euro al mese».

Quanti potrebbero essere, almeno sulla carta, i bellunesi interessati al reddito di cittadinanza?

«Non meno di 400, considerato che tanti erano coloro che avevano aderito al reddito di inclusione».

Il sindacato, sempre critico, comincia a dar fastidio anche alle forze dell’attuale governo.

«Ha dato fastidio a tutti i Governi, perché è autonomo».

Ma a leggere o vedere i media, dovreste aver già chiuso baracca e burattini.

«Invece siamo più che mai vegeti. La nostra organizzazione va a congresso con 21.333 iscritti, che sono in progressivo aumento».

Sempre più pensionati?

«La crisi ha decimato i posti di lavoro nel manifatturiero. Ma cresciamo anche fra i precari, che affidano la speranza di futuro proprio al sindacati. E i pensionati, peraltro, si fanno carico del sostegno del welfare, sotto ogni aspetto. È per questo che il sindacato li sostiene. Come ha deciso di fare anche con il Fondo Welfare».

Un’iniziativa unica nel suo genere in Italia. Siete riusciti a coinvolgere perfino la Chiesa...

«Merito di tutti, a cominciare dalla Provincia. E merito anche della Chiesa».

Che cosa vi allarma di più del futuro delle Dolomiti?

«Lo spopolamento. Il Fondo welfare è, di fatto, un fondo anti spopolamento. Ben 51 Comuni su 63 hanno aderito, addirittura autotassandosi con un euro ogni cittadino. Vuol dire che si ha puntuale consapevolezza della gravità del problema».

Le analisi sono conosciute. Le proposte pure. Basta far figli? È questa la raccomandazione che anche il sindacato fa ai bellunesi?

«È importante far figli, ma prima ancora si pongono le opportunità di lavoro. Che non ci sono. Noi dobbiamo ricreare i posti di lavoro. E non solo in valle, anche in quota. Anzitutto per coloro che le hanno perse. E poi dobbiamo agire sulla formazione».

La futura autonomia può aiutare?

«Già si poteva far leva sulla legge 25 che riconosce la specificità della provincia di Belluno. Certo, bisognerebbe capire che cosa vuol diventare ed essere la provincia di Belluno. Non lo abbiamo ben chiaro, ma non per responsabilità dei bellunesi, bensì di Roma».

Ci sono troppi lavoratori precari anche nel nostro territorio, è quanto lei dirà al congresso. Eppure la provincia è una di quelle con minore disoccupazione.

«È vero. La precarizzazione riguarda i rapporti di lavoro, le condizioni, i diritti, i contratti. Siamo allarmati per quanto accade nel settore degli appalti, dove si moltiplicano i fenomeni dello sfruttamento».

Le relazioni con le industrie, però, sono positive.

«Sì, solo in rare eccezioni non riusciamo a sottoscrivere contratti. Speriamo di arrivarci ovunque. È anche nell’interesse delle diverse categorie».

Quale messaggio lancerà dal congresso?

«Il sindacato c’è stato, c’è e continuerà ad esserci. E sempre a difesa dei più deboli». —



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