E’ morta la “mamma” del ristorante Peden

LIMANA Quando ha aperto il ristorante che ha gestito per oltre trent’anni aveva solo una tovaglia, una pentola e tanta voglia di far conoscere alla gente i prodotti del territorio. Era la fine degli...

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Quando ha aperto il ristorante che ha gestito per oltre trent’anni aveva solo una tovaglia, una pentola e tanta voglia di far conoscere alla gente i prodotti del territorio. Era la fine degli anni '70 quando, a Valmorel, Ledi Bertilla Prade decise di dar vita a un sogno, e acquistò un vecchio fienile in località Morel Peden. Lo chiamò “Al Peden”, un locale che negli anni ha saputo affermarsi, forte soprattutto di una cucina fondata sui prodotti locali, ben prima che la filosofia “chilometri zero” diventasse una moda, e di un rapporto con la clientela basato sulla fiducia e la qualità.

Ledi Bertilla Prade è scomparsa nella notte tra martedì e mercoledì, in seguito a una grave malattia. Aveva 62 anni, e ha trascorso oltre metà della sua vita dietro i fornelli del “Peden”. A Valmorel la conoscevano tutti. «L'attività è iniziata nel 1979», racconta il figlio Massimo, che prenderà le redini del locale indossando il grembiule e sfruttando tutti gli insegnamenti che la madre gli ha saputo trasmettere negli anni. «Mia madre ha dato l'anima per questo ristorante. E' partito come un chiosco, poi ha iniziato a tenerlo aperto tutti i fine settimana e dal 1995 ogni giorno».

Pian piano sono iniziati ad arrivare anche i riconoscimenti: dall'accademia della cucina italiana, da Slow Food, che ha inserito il locale nella lista delle osterie del Veneto, assegnandogli anche una chiocciola (il metro di valutazione di Slow Food), e dalle numerose guide, che hanno censito il ristorante. «L'obiettivo di mia madre è sempre stato quello di far conoscere i prodotti del territorio e la cucina tipica bellunese, che non ha nulla da invidiare a quella di altre zone d'Italia», continua Massimo Cazzaro. «La sua era una cucina tipica, semplice, ma adattata ai nostri giorni, che lasciava intatti i sapori dei cibi, esaltandoli».

I piatti forti del Peden sono le lumache, cucinate in diverse versioni, i funghi («mia madre riusciva a rovesciare il bosco in tavola», dice Massimo), ma anche la selvaggina e il cervo. «Usava solo prodotti naturali, servendosi dai contadini e dagli allevatori della zona. Per lei la filosofia a km zero era uno stile di vita, ben prima che diventasse una moda, come oggi».

Ledi Bertilla Prade credeva nel territorio e nella sua tradizione gastronomica anche come veicolo per la promozione turistica: «Si può dire che abbia piantato un palo nel deserto, perchè in quegli anni a Valmorel non c'era quasi niente», continua Massimo. «Nessuno credeva nello sviluppo di questa zona, ma lei sì. Diceva sempre che la buona cucina avrebbe portato turismo».

La sua caparbietà e la sua tenacia le hanno dato ragione, perchè oggi Al Peden ha una clientela che va ben oltre la provincia di Belluno. «Mi ha insegnato a credere in quello che si fa, anche se la meta appare lontana», ricorda il figlio, che fino a qualche mese fa si occupava prevalentemente della sala, e ora si trasferirà in cucina, a continuare il sogno di mamma Ledi Bertilla.(a.f.)

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