È morto il “Belumat” Gianni Secco poeta e cantore dell’identità bellunese

In duo con l’amico Fornasier raccontò l’emigrazione veneta in Brasile e fece riscoprire il dialetto grazie alla musica

Belluno

Se non fosse per Gianni Secco, gran parte dell’identità culturale bellunese sarebbe andata persa per sempre. Lui è andato a cercarla, l’ha riscoperta, l’ha fissata in parole che sono diventate musica, l’ha tramandata alle nuove generazioni. L’ha indagata spingendosi a scovare quelle tradizioni che gli emigranti bellunesi in Sudamerica, in Brasile soprattutto, conservano gelosamente, per non perdere il legame con la loro terra di origine.

Il cantore dell’identità culturale bellunese, fondatore con Giorgio Fornasier dello storico duo I Belumat, se n’è andato giovedì pomeriggio. Aveva 74 anni, era malato da tempo ma aveva combattuto senza mai perdere la grinta e l’ironia che erano i suoi tratti distintivi.

«Fino agli anni ’70, quando ha fondato I Belumat con l’amico Giorgio Fornasier, l’identità della nostra provincia veniva raccontata solo dai poeti dialettali», ricorda Marco Perale, storico e assessore alla cultura del Comune di Belluno. «Ma i poeti raccontavano di un mondo perduto. Gianni Secco invece ha saputo parlare ai giovani in dialetto, riscoprendolo e riscattando la cultura locale in anni in cui parlare in dialetto era considerata una cosa da vecchi».

Sospeso fra il passato rurale della Valbelluna e il presente di una terra che iniziava ad industrializzarsi nel dopo Vajont, Gianni Secco era «un metalmezzadro», continua Perale. «Ha saputo raccontare cosa voleva dire lavorare come operaio (alla Zanussi di Mel, oggi Acc Wanbao, ndr) e allo stesso tempo occuparsi dei campi, perché a quel tempo tutti avevano un pezzo di terra da coltivare».

Nato nel cuore di Belluno nel 1946, Secco si è diplomato all’Iti Segato perito metalmeccanico. Dopo un’esperienza di lavoro in Germania ha trovato impiego alla Zanussi di Mel. Il Veneto lo conoscerà a partire dalla metà degli anni ’70. Nel 1972, infatti, con Giorgio Fornasier dà vita al duo I Belumat. Nascono canzoni dialettali, programmi televisivi come lo storico “A marenda coi Belumat”, andato in onda su Antenna Tre Nordest per tantissimi anni.

Ma il lavoro di Gianni Secco non si esaurisce qui. Perché identità è anche tradizioni di un luogo, e Secco ha fatto conoscere a tutta Italia i carnevali di montagna, che ha studiato e catalogato descrivendone origini, maschere, costumi. Gli sarebbe piaciuto che quel lavoro venisse raccolto in un museo, ma non è mai riuscito a concretizzare l’ambizioso progetto.

Molti suoi studi, però, si possono consultare nell’archivio dell’associazione Soraimar, che fondò e che rappresenta uno scrigno prezioso di cultura. La sua continua opera di ricostruzione e riscoperta dell’identità culturale bellunese e veneta lo ha portato anche in Sudamerica, dagli emigranti. In Brasile ha censito canti, poesie, filastrocche, tradizioni e i dialetti che ancora oggi si parlano nelle comunità venete oltreoceano, quel “talian” che trasuda tradizione e radici culturali.

Questo lavoro lo ha portato a collaborare attivamente con l’Abm, l’associazione Bellunesi nel mondo. «Nei musei etnografici in Sudamerica sono conservati molti attrezzi della società contadina veneta di un tempo», racconta Dino Bridda, direttore della rivista dei Bellunesi nel mondo, che con Gianni Secco ha avuto modo di collaborare proprio all’interno dell’Abm. «Il suo patrimonio di ricerche è un dono prezioso che ci rimane e che abbiamo il compito di non disperdere».

Ultimamente Secco stava lavorando ad una sorta di autobiografia. Uno spaccato, anche, della vita della sua città degli ultimi cinquant’anni. Di libri ne ha scritti tanti: poesie, filastrocche, il poderoso lavoro “Di che paese sei?” in cui, accompagnato dai disegni di Vico Calabrò, riporta i toponimi dei paese bellunesi e dell’alta Marca Trevigiana secondo la tradizione più antica. Ha scritto di zattieri e del Piave, raccontando le leggende e i detti popolari che si sviluppano lungo il corso del Fiume, dalla sorgente alla sua foce.

Non vanno dimenticate le rubriche radio e televisive che ha ideato e condotto dalla fine degli anni Settanta, le collane multimediali sulla cultura veneta che ha curato. Ma Gianni Secco è stato anche enogastronomo e autore di una enciclopedia multimediale sulla cucina tradizionale veneta.

«Dobbiamo essergli riconoscenti», conclude Dino Bridda. «La riscoperta della nostra identità culturale ci ha restituito la Belluno che eravamo e che non sapevamo di avere e di essere. Senza testimonianze, l’identità viene perduta. Grazie a Gianni Secco è, e sarà, conservata per sempre». —



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