Ebola, è pronta una stanza per accogliere i pazienti

A Malattie infettive attivato il protocollo di emergenza per la gestione dei casi Il primario Francavilla: «Il nostro percorso coinvolge anche altre unità»
Di Paola Dall’anese

BELLUNO. Tutto pronto all’ospedale San Martino per affrontare un’eventuale emergenza ebola. Una stanza è stata messa a disposizione per un ricovero di un paziente affetto dal virus, mentre tutta l’attrezzatura, dalle tute antisettiche ai guanti, ai cappelli protettivi, era in parte già stata acquistati dopo l’allarme Sars di qualche anno fa.

«Nei giorni scorsi i primari dei reparti di pronto soccorso, malattie infettive e laboratorio analisi, insieme con la direzione sanitaria, seguendo le indicazioni venute dalla Regione Veneto, hanno redatto il percorso che una persona affetta da ebola dovrà seguire, dal suo arrivo fino alle eventuali dimissioni. Una lettera è stata inviata anche ai medici di medicina generale», spiega il direttore sanitario Tiziano Martello.

A coordinare il percorso sarà il primario dell’unità operativa di malattie infettive Ermenegildo Francavilla. «Il protocollo prevede una gestione improntata a garantire la massima sicurezza agli operatori e al paziente stesso», precisa il coordinatore. Intanto, già da un mese, nei pronto soccorso dell’Usl 1, a un paziente che presenti febbre viene subito applicata una mascherina per evitare la trasmissione di eventuali virus agli altri pazienti in sala d’attesa e agli operatori. «Basta questa semplice precauzione», precisa il primario, «in quanto la malattia si trasmette tramite i liquidi organici (vomito, feci, urine, sangue)».

Le procedure devono essere seguite in modo rigoroso: «Anche il minimo errore nella gestione in fase di assistenza potrebbe compromettere la salute degli operatori e degli altri pazienti ricoverati nel reparto», dice Francavilla. «Il malato di ebola verrà portato nel nostro reparto attraverso l’entrata posteriore per non contagiare altri pazienti. Verrà quindi posto in una stanza completamente isolata, comunicante con altre stanze dove il personale possa vestirsi e svestirsi in sicurezza».

Importante sarà anche il triage fatto al pronto soccorso, che dovrà individuare un possibile caso di ebola, qualora il paziente sia rientrato nelle ultime due settimane da uno dei Paesi africani colpiti dalla malattia. Il periodo di incubazione (dal momento del contagio all'insorgenza dei primi sintomi), infatti, va da 2 a 21 giorni. Il criterio di discrimine per capire se ci può essere un caso di ebola, quindi, sarà da dove uno viene e da quanto tempo è tornato. «Bisogna poi considerare che, qualora uno sia guarito, il virus permane nello sperma umano per altre sette settimane». Intanto, l’Usl 1 sta pensando di acquistare un dispositivo automatico per l’esame del sangue per ridurre il rischio contagio degli operatori.

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