Edilizia, sempre più aziende da fuori

Il segretario della Fillea Cgil, Nardini: «Con voucher e senza pagare le indennità di montagna vincono gli appalti al ribasso»

BELLUNO. «Malgrado negli ultimi due anni ci siano stati grandi lavori in provincia, a cominciare dalla tangenziale di Agordo e dalla banda larga, fino all’interramento delle linee elettriche ancora in corso, il monte salari della cassa edile è sceso del 30%. E questo ci fa preoccupare in vista delle opere che i mondiali di Cortina 2021 porteranno con sè».

L’allarme arriva dal neo segretario della Fillea Cgil, Marco Nardini, il quale spiega come stanno le cose nel settore edile. «Diversi sono i motivi per cui nutriamo timori per il futuro del comparto», prosegue Nardini. «Da un lato sempre di più i lavoratori dei cantieri non hanno contratti edili ma precari: si va dal voucher ai contratti a chiamata per finire con quelli part time, con quello che significa a livello di previdenza e sicurezza. Inoltre, le nostre imprese devono fare i conti con una concorrenza sleale».

«Prendiamo ad esempio i lavori di interramento delle linee elettriche che sta eseguendo l’Enel», spiega ancora il sindacalista, «per questi viene impiegata manodopera che proviene dal Friuli o da Bergamo o dal Trevigiano, mentre abbiamo saputo che in Alto Adige per questo stesso tipo di intervento la società elettrica sta utilizzando maestranze locali. E allora perché due pesi e due misure? Dove sono i politici bellunesi che dovrebbero far valere anche i nostri diritti?».

Il problema di fondo, secondo Nardini, sta in gran parte nell’accordo siglato in Regione che prevede la cosiddetta “trasferta veneta”, cioè permette alle imprese che vengono a lavorare nel Bellunese di non versare i contributi nella cassa edile di Belluno, ma in quella di provenienza. «Attualmente in provincia sono circa una cinquantina le aziende (pari a circa 300 operai) da fuori che stanno lavorando e il fatto che non versino nelle nostre casse fa sì che si sia perso il 30% del monte salari pari a 700 mila euro circa. Intanto, abbiamo perso un migliaio di lavoratori e anche quest’anno 4-5 imprese, tra cui alcune storiche, hanno chiuso».

In più, agli operai edili che vengono da fuori «non viene riconosciuto il pagamento del buono pasto (circa 10-13 euro al giorno a completo carico della azienda) e nemmeno l’indennità di alta montagna, una somma che varia all’aumentare dell’altitudine e che porta in busta paga dagli 80 euro mensili lordi fino a 300».

«Consideriamo», prosegue ancora il segretario della Fillea, «che le nostre ditte pagano tutto questo ai loro dipendenti, ma quelle che vengono da fuori no. E ciò permette a queste ultime di aggiudicarsi gli appalti con ribassi anche del 40-60%. A questo punto, temiamo che quando si andrà ad appaltare i cantieri delle opere per i mondiali di Cortina, per le aziende edili bellunesi sarà dura accaparrarsi degli spazi. Per questo stiamo chiedendo alla Regione di sospendere la trasferta veneta almeno nel Bellunese fino al 2021. Dobbiamo inoltre essere attenti anche alle infiltrazioni mafiose».

La preoccupazione è molto alta. «I mondiali devono rappresentare un volano per riavviare l’economia e le grandi opere nel nostro territorio. Abbiamo fatto un’analisi e abbiamo visto che tra dissesto idrogeologico, sistemazione delle strade e dell’acquedotto ci sarebbe lavoro per 30 anni in provincia. Anzi, il Bellunese vista la varietà di paesaggi potrebbe essere un vero laboratorio di sperimentazione di interventi. A questo si aggiunge l’aumento dell’età pensionabile per cui chiediamo il riconoscimento dell’usura dell’attività edile».

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