«Elettrificare la ferrovia serve davvero?»

Bortolo Mainardi scettico: la velocità dipende dal tracciato e i nostri andrebbero totalmente rifatti
BELLUNO. Un velo di scetticismo e un pizzico di sarcasmo, com’è nel suo stile. È questa la reazione di Bortolo Mainardi, membro della Commissione Via Vas del ministero dell’Ambiente, alla notizia dell’elettrificazione delle reti ferroviarie bellunesi. Un’altra bella notizia, dopo quella dei finanziamenti per l’Alemagna da Longarone.


Architetto, sembra proprio che stavolta ci siano le risorse per l’elettrificazione della ferrovia bellunese, non la trova una novità positiva?


«Ho letto di una vagonata di milioni di euro promessi al bellunese per nuove strade e gallerie, nuovi collegamenti ferroviari ed elettrificazione di binari. Di sicuro un gran bene per la comunità, innanzitutto perché porteranno un po’ di lavoro sul territorio».


Però siamo ancora nelle fase di progettazione, non proprio già all’avvio dei lavori.


«Mi rendo conto che siamo ancora nella fase degli studi e approfondimenti i quali dovranno fare i conti con analisi multicriteri e sulla obbligata sostenibilità nei costi e benefici delle singole opere. Sull’ipotizzata elettrificazione delle linee bellunesi, per esempio, bisognerà che si risponda a una semplice domanda: a che serve elettrificarle? Quali sarebbero le benefiche ricadute socio-economiche?»


Si sostiene che questi interventi servono per modernizzare e velocizzare le linee.


«La velocità sui binari non dipende dal tipo di trazione, se diesel-termica o elettrica, dipende solo dallo sviluppo del tracciato. I percorsi ferroviari bellunesi hanno curve mediamente di 300m di raggio: se mai fosse possibile elettrificarli, la velocità, cioè i tempi di percorrenza, rimarrebbero tali e quali quelli di oggi e quindi senza nessun beneficio».


Molti sostengono, comunque, che l’elettrificazione è il passo importante, decisivo per modernizzare nei trasporti in Provincia.


«Non capisco cosa si intende per modernizzare. Prendiamo ad esempio il tracciato da Vittorio Veneto a Belluno: 26,5 km con 21 gallerie con altezze catenarie dal piano del ferro che non credo permettano oggi alloggiamenti di cavi, che vuol dire modernizzare quella linea? Mi pare una parola vuota, salvo che non si pensi di riprogettare e realizzare una nuova linea, cioè fare una cosa fuori dal mondo!».


Si parla di un stanziamento del Cipe di ben 900 milioni per l’aggiornamento delle linee Regionali e RFI ha già avviato la progettazione.


«Una grande somma, non resta che attendere fiduciosi i progetti. Spero che anche sulla linea Ponte nelle Alpi - Calalzo si stia pensando a qualcosa, vedremo cosa. Sulle ipotizzate nuove e future linee da elettrificare nel territorio trevigiano e bellunese rimane da capire come i dieci uovi treni Swing a trazione diesel, acquistati solo l’anno scorso, si adatteranno sulle linee elettrificate. È un mistero al momento».


Si cercherà di capire andando avanti.


«E magari anche capire modi e tempi per questo collegamento ferroviario diretto dal bellunese all’aeroporto di Venezia, annunciato dall’on. De Menech, considerando che a tutt’oggi non è ancora stato deciso nemmeno come arrivare su ferro al Marco Polo dalla stazione di Mestre, se con una galleria di 10 km sotto la laguna (circa 800 milioni di euro) o con la bretella da Dese (circa 300 milioni)».


C’è anche un serrato confronto del suo Cadore con la Regione Veneto per definire il tracciato del futuro Treno delle Dolomiti. Cosa pensa delle ipotesi finora formulate?


«Questa del Trenino una è una formidabile quanto suggestiva idea politica. Una proposta che ci auguriamo tutti sia il frutto di passione, senso di responsabilità e lungimiranza dei nostri amministratori, sulla sua fattibilità, sui costi-benefici e sulla serietà dei proponenti, il tempo come sempre sarà galantuomo».
(i.a.)




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