Emergenza pediatri negli ospedali: via altri due medici

Si aggiungono ai quattro che lasceranno Belluno a fine anno Il dg Rasi: «Siamo preoccupati, non troviamo i sostituti»

BELLUNO. «L’emergenza pediatri è sempre più alta. Bisogna prendere coscienza che quello del personale che manca è il vero problema dei nostri ospedali». Parole sempre più allarmate quelle proferite dal direttore generale dell’Usl 1 (fra qualche settimana Usl unica Dolomiti) Adriano Rasi Caldogno, quando parla della situazione della Pediatria. «Entro la fine dell’anno se ne andranno quattro medici pediatri dal reparto dell’ospedale San Martino, poi altri due cesseranno il servizio nei primi mesi del 2017. Alla fine saranno sei i pediatri mancanti», precisa il direttore generale, che aggiunge con grande preoccupazione: «Se già eravamo in difficoltà con le quattro partenze preventivate, la mancanza di altri due medici non farà che aggravare ancor di più una situazione già precaria. Qui a rischio ci sono i servizi ai cittadini».

Rasi Caldogno tiene a precisare che «l’azienda sanitaria ha fatto tutto quello che poteva. Abbiamo pubblicato avvisi di mobilità, concorsi, bandi, ma tutti sono andati deserti». «Abbiamo anche chiamato direttamente le scuole di specializzazione», aggiunge anche il direttore sanitario, Giovanni Pittoni, «ma pediatri liberi proprio non ce ne sono. Abbiamo cercato anche nella contrattazione libero professionale, ma queste figure sono introvabili».

La situazione è molto grave e rischia di aggravarsi ancora di più. Già ora l’attività ospedaliera sia a Belluno che a Pieve di Cadore viene svolta con grandi sacrifici da parte dei pediatri in servizio. L’Usl 1 è stata costretta a ricorrere all’aiuto anche del personale feltrino per garantire l’attività e il servizio agli utenti.

Quello che succederà dal 2017 resta un’incognita. «Il problema non è solo qui a Belluno, ma è ovunque», sottolinea ancora il direttore generale. «Bisogna iniziare a prendere coscienza che la carenza di determinate figure professionali è il vero problema della sanità, sarà questa la vera sfida della montagna», dichiara Rasi Caldogno, facendo capire che ormai il barile è quasi del tutto raschiato e quello che resta nel fondo è preoccupante.

Il servizio rischia la paralisi. «Noi continueremo a provare con i mezzi a nostra disposizione, cioè concorsi, bandi e avvisi, finché non troveremo qualcuno disposto a venire a lavorare quassù dalle nostre parti», precisano Rasi Caldogno e Pittoni. Una condizione che non è da poco, vista la poca attrattività della montagna e delle Dolomiti, seppur patrimonio dell’Umanità, verso la categoria dei medici.

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