Erostrato, padre e figlio sono a processo

I cesiolini Nemesio e Samuele Aquini sono stati rinviati a giudizio e la prima udienza è fissata per il mese di dicembre



Processate padre e figlio. Nel caso Erostrato, Nemesio e Samuele Aquini sono stati rinviati a giudizio dal giudice per le udienze preliminari Enrica Marson, che ha fissato l’inizio del processo per mercoledì 11 dicembre, davanti a un tribunale collegiale. I due imputati non erano presenti, ma non hanno mai nascosto di aspettarselo: «Non era necessario che ci fossero stamattina», osserva l’avvocato Perco, uno dei due difensori di fiducia, «non dovevano essere interrogati, di conseguenza hanno preferito rimanere a Cesiomaggiore. Niente di strano».

La novità nella vicenda di scritte sui muri, incendi nei boschi, lettere anonime con o senza polverina bianca e il sacchetto di caramelle con gli spilli è che ci sono state due costituzioni di parte civile: Carlo Zanella si è costituito come privato e non come primo cittadino di Cesiomaggiore con l’avvocato e vicesindaco Carlo Vigna e ha fatto la stessa mossa Aldo Dalle Grave, il proprietario della legnaia incendiata di Morzanch, con Pierluigi Cesa. Quando sarà il momento chiederanno un risarcimento dei danni. Zanella ha ricevuto minacce gravissime per sé e per la figlia.

Nessuna costituzione, invece, da parte dei Comuni di Cesiomaggiore e Santa Giustina e di associazioni che rappresentano gay, lesbiche e transessuali, che Erostrato ha coinvolto nel lungo murale dipinto sulla recinzione del cimitero di Cesiomaggiore e anche in una lettera.

L’udienza preliminare, a porte chiuse, è cominciata alle 11 ed è finita dopo un’ora e cinque minuti. Il pubblico ministero titolare del fascicolo, Simone Marcon, non può che aver sostenuto le accuse di deturpamento, imbrattamento, incendio, minaccia, procurato allarme, propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etica e religiosa, tentate lesioni personali gravi e tentata estorsione, ripercorrendo i quattordici episodi contestati all’anonimo: dai primi imbrattamenti all’ecocentro, alle chiesette di Calliol e Sant’Agapito e al camposanto cesiolino, alle lettere deliranti e piene di citazioni letterarie con o senza “antrace” inviate a Zanella, alla scuola elementare “Principe di Piemonte”, alla polizia municipale e al nostro giornale (tre ma prive di polvere), all’incendio della legnaia di Morzanch fino al sacchetto di gommose alla frutta trafitte di spilli lasciato cadere nel cortile dell’asilo di Cergnai. Il periodo va dal luglio 2017 al 22 gennaio dell’anno scorso e, per tutto questo tempo, il sedicente Erostrato ha chiesto una statua in suo onore. Era questo il prezzo per toglierselo dai piedi e non è stato mai pagato. Ecco perché l’estorsione è soltanto tentata.

Mentre le parti civili si sono sostanzialmente associate alla ricostruzione fatta dalla pubblica accusa, i difensori Zallot e Perco hanno cercato di arrivare al proscioglimento, contestando tutte le imputazioni, una dopo l’altra. Ci sarebbero al massimo degli indizi o delle coincidenze, ma non è ancora detto che siano gravi precisi e concordanti e per la tentata estorsione non ci sono neanche quelli. Le accuse racchiuse in un faldone di più di duemila pagine non stanno in piedi, insomma.

Il giudice Marson ha rinviato al pomeriggio la sua decisione e alle 14.35 ha sentenziato il rinvio a giudizio. Venerdì prossimo un appuntamento interlocutorio: il processo partirà a dicembre. —



Argomenti:erostratoaquini

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi