Esplosione a Pieve di Cadore, ascoltati l’amico di Ferraro e il tassista
PIEVE DI CADORE. Alessandro Piccin, titolare del Mordi e fuggi, il locale saltato in aria la notte tra domenica e lunedì, cerca di darsi pace: lavoro (l’attività di idraulica vive dal 1998) e amici aiutano, i messaggi di solidarietà che sta ricevendo in questi giorni anche.
«Tanta gente mi scrive e mi telefona, mi stanno vicini gli amici con i quali ho passato un po’ di tempo. Sto raccogliendo molti messaggi di solidarietà e attenzione da parte di persone disposte ad aiutarmi nel caso avessi bisogno. Poi il lavoro: ho altre attività, un’azienda di idrotermica che mi ha permesso di lavorare per le più grandi ditte della provincia e anche di fuori. Perchè si fa fatica a credere a quello che è accaduto. Non me lo riesco a spiegare. Non ho ricevuto minacce, non ho nemici e in giro le persone con cui ho lavorato parlano di me come un professionista serio».
I danni sono disastrosi per l’attività di pizza al taglio: immobili da rifare, ai quali si aggiunge la devastazione subita dai locali vicini all’ex Speedy pizza. «Faccio fatica a metabolizzare. E ora mi serve sicurezza per mia figlia e i miei, la mia famiglia. Devo dire che sono abbastanza tranquillo, perché non ho nemici: l’anno scorso ho fatto un più 30% di fatturato, non vado in disaccordo con i clienti, sono chiaro e mi piace essere corretto con le persone. Non sento nemici da quel punto di vista, poi tutto può essere al mondo: magari l’invidia me la sono tirata addosso».
L’altro giorno Piccin è stato nella caserma dei carabinieri a Pieve per riprendersi la cassa.
Di alcune persone gli sono state mostrate le foto: Piccin ha sempre spiegato che Ferraro lui non l’ha mai visto; quanto a Fabio Laritonda, il compaesano che lo ospitava a Domegge, «mi hanno fatto vedere la foto: me lo ricordo perché lo vidi in televisione, dalla D’Urso, quando ci fu il servizio sul bambino che si era perso a Domegge. Ma non non ci ho mai preso un caffè». Insomma, il giovane 21enne brindisino sospettato, per Piccin è un perfetto sconosciuto e anche gli amici che lo ospitavano non sa chi siano.
I carabinieri di Cortina e di Pieve, coordinati dal colonnello Giorgio Sulpizi, continuano intanto con accertamenti e indagini su delega del pubblico ministero Paolo Sartorello. Si sentono ancora i testimoni: in caserma è stato ascoltato come persona informata sui fatti anche Fabio Laritonda, il brindisino che vive in Cadore e che ha ospitato il ragazzo di 21 anni ferito in quei due giorni prima che finisse all’ospedale.
In caserma l’altro giorno anche il tassista Giuseppe Lauro, che ha partecipato ai soccorsi del 21enne Pasquale Ferraro, appena dopo l’esplosione. «Mi trovavo lì», spiega il tassista che fa servizio nella zona cadorina, «ho soccorso il ragazzo, c’era una dottoressa che fa servizio a Pieve che mi ha dato dei guanti e mi diceva: “Togliamolo dalla strada”. Così lo abbiamo spostato. Lui si lamentava e chiedeva: “Aiutatemi, aiutatemi“. In quel momento c’erano anche il parroco del paese e la gente della zona scesa in strada appena sentito quel boato».
«Io il botto non l’ho sentito», prosegue, «avevo fatto un servizio lì intorno, mi trovavo a Valle di Cadore quando è successo. Stavo tornando a casa, viaggiavo verso Domegge: ho visto le persone in mezzo alla strada, c’era la gente che mi diceva: “fermati, c’è l’incendio”. E mi sono fermato».
Giuseppe Lauro è l’uomo con i guanti bianchi che si vede in uno dei video che sono girati in questi giorni e che testimoniano gli attimi immediatamente successivi all’esplosione. Suo il taxi il cui posteriore si nota nei video. Le indagini proseguono anche in altri ambiti: si cerca di capire i rapporti che possono esserci tra le persone coinvolte e se possa esserci un motivo di attrito che abbia scatenato il rogo dell’altra notte, seppure nelle intenzioni dovesse essere un avvertimento. I carabinieri hanno visionato anche le telecamere sparse lungo le strade in cerca di auto o movimenti che possano tornare utili alle indagini.
Cristina Contento
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