Esplosione a Pieve di Cadore, si segue la pista del dolo: «Fuga di gas improbabile»

Le prime indagini dei vigili del fuoco portano a escludere le cause accidentali. Il Niat e i carabinieri campionano sostanze. Sequestrati anche i vestiti del ferito

Esplosione in una pizzeria di Pieve di Cadore, un ferito grave

PIEVE DI CADORE. Poco plausibile che la pizzeria di Pieve sia saltata in aria per cause accidentali, ad esempio una semplice fuga di gas: non è l’ipotesi prioritaria degli inquirenti, vigili del fuoco e carabinieri. In procura il fascicolo, per ora contro ignoti, è sul tavolo del pm Paolo Sartorello.

L’incendio si presume doloso, forse è stata usata benzina o altri liquidi infiammanti per l’innesco, poi l’esplosione avvenuta all’interno verso l’esterno.

La natura dell’infiammante lo chiariranno gli accertamenti del Niat, la scientifica dei vigili del fuoco. Il personale del Nucleo ha passato tutta la mattina in quel che resta del locale, per prelevare campioni di eventuali sostanze estranee a quelle usate in pizzeria, liquidi incendiari, non esclusa la benzina, che hanno poi innescato un’esplosione incontrollata.

Salta in aria la pizzeria in centro a Pieve di Cadore, un ragazzo ferito gravemente

«Non tralasciamo alcuna ipotesi, chiaramente anche quella accidentale, ma non è prioritaria» spiega l’architetto Fabio Jerman, il dirigente dei vigili del fuoco del distaccamento di Belluno che ieri è stato fra le “macerie” di Pieve anche per la verifica degli edifici agibili (non si sono registrati danni strutturali nei palazzi limitrofi, c’è stata una moria di vetrine per la deflagrazione, qualche crepa ma niente che giustifichi ordinanze di inagibilità).

«Il metano? Si effettua il controllo degli impianti, anche quello del gas, ma non mi sembra attuale, sicuramente non è prioritario ricondurre la fuga di gas a causa primaria dell’evento: non è l’ipotesi più accreditata. L’onda d’urto dall’interno si è propagata all’esterno: l’esplosione c’è stata nel locale», continua Jerman.

Le macerie “parlano”: dove c’erano le apparecchiature alimentate a gas non ci sono danni significativi rispetto ad altre zone del locale. Il punto di innesco è altrove rispetto a quei 30 metri quadri che racchiudono la cucina con quattro fuochi, piastra, friggitrice, la cappa e che sono state ritrovate più o meno al loro posto: in caso contrario si sarebbero spostate di più. Poi una caldaietta ma questa è la parte del locale non interessata in primis dall’evento. La zona di innesco è verosimile sia quella aperta al pubblico, la parte della preparazione dei prodotti e quella con i pochi tavolini per il rapido consumo. L’ambiente è piccolo, sui 60 mq, circa 40 l’area aperta al pubblico. Può essere che P.F., 21 anni, passasse di lì per caso e sia stato investito dall’esplosione. Nei prossimi giorni, appena le sue condizioni lo permetteranno, i carabinieri lo interrogheranno per capire che ci facesse alle 3,15 di notte in via XX Settembre davanti al locale. E per dare una risposta al perchè avesse i vestiti incendiati e ustioni, perchè sia stato trovato sotto la vetrata principale.

I testimoni dell’esplosione a Pieve di Cadore: «Gridava: Fabio aiutami, Fabio aiutami»

L’ipotesi seguita, invece, è che nello Speedy pizza sia stata buttata sostanza infiammabile poi incendiata: il fuoco avrebbe interessato anche i tubi del gas e tutto sarebbe saltato in aria. L’ingresso sarebbe stato ritrovato manomesso. Le indagini ambientali dei carabinieri di Pieve e Cortina, coordinati dal comandante provinciale, il colonnello Giorgio Sulpizi, permetteranno di ricostruire anche il contorno della vicenda: si cerca un movente, una ripicca, una vendetta, un danneggiamento scappato di mano. Si cerca di capire se ci siano altre persone coinvolte che si sono allontanate. Si scava tra i contatti del brindisino sul quale si accentra più di un sospetto e i suoi amici pugliesi che lo ospitano.

Non risulterebbe una conoscenza tra il giovane e il proprietario, Alessandro Piccin, che non avrebbe ricevuto minacce. E P.F. non era a servizio del locale. Del ragazzo sono stati sequestrati i vestiti: un atto dovuto per verificare la corrispondenza con tracce di sostanze campionate dal Niat nella pizzeria e che potrebbero stabilire un nesso con una presenza umana nel locale a quell’ora.

Cristina Contento

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