Esposto sull’Islam di Indipendenza Veneta

Vidori si rivolge alla magistratura: «Niente contro questa religione ma la sharia non è il codice penale»
Massimo Vidori
Massimo Vidori

BELLUNO. Niente contro l’Islam. Ma contro alcuni suoi aspetti politici e sociali. Massimo Vidori di Indipendenza Veneta ha presentato un esposto alla procura della Repubblica di Belluno e a quella di Venezia, interpellando i procuratori Francesco Saverio Pavone e Carlo Nordio.

Lo scopo è quello di far valutare ai due magistrati la posizione dei seguaci dell’Islam nella sua connotazione di partito politico: «Quello che voglio capire è se siamo nel campo della legalità oppure no», premette Vidori, «non ho davvero niente contro chi professa una certa religione, a meno che non contrasti con i più normali criteri di convivenza civile, ma vorrei capire se ci siamo o non ci siamo, perché non ho dubbi che, in certi paesi islamici la sharia ricopre il ruolo che da noi è affidato al codice penale e a quello civile e aggiungo che, al di là degli aspetti più squisitamente religiosi, il Corano possa essere assimilato anche a un manifesto politico. Tra le sue sure, ci sono delle cose che in Occidente non possono certo essere tollerate. Per fare degli esempi, la legge del taglione o il fatto che certi reati possano essere puniti in maniera ancora più violenta con la crocifissione o la lapidazione. È legittimo tutto questo? Secondo me, no».

E allora chi dovrebbe perseguire la magistratura italiana? «Gli imam che propugnano questo tipo di ideologia intollerabile e inaccettabile, partendo dal presupposto che, in ogni caso, devono farlo in italiano e non in arabo, anche all’interno delle moschee. Vorrei sapere dalla magistratura se ci possono essere dei risvolti illegali in tutto questo. Se c’è qualcosa di eversivo, bisognerà fare qualcosa, perché gli ospiti dell’Italia devono per forza seguirne le leggi, al di là di quello che può dire il loro libro sacro».

Vidori fa un esempio molto forte: «Sono cittadino italiano e devo sottostare alla legge del Paese. Allo stesso tempo, sono un indipendentista, non per questo mi sognerei mai di bruciare tutte le bandiere tricolori, che sventolano davanti ai palazzi pubblici. È evidente che, se facessi una cosa del genere, sarei incriminato. Lo stesso dovrebbe valere per chi pensa di poter venire in Italia e continua a pensare che si possa applicare la sharia. Questo non può essere, ecco perché mi sono rivolto a due magistrati di grande esperienza, dai quali mi aspetto di avere delle risposte. So che non sono il solo a pensarla in questa maniera e credo che una risposta da chi è il garante delle leggi sarebbe molto illuminante per tutti».

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