Estorsione a due fratelli: stangata la banda vicentina

«Pagate o vi uccidiamo», poi l’arresto del capo nel parcheggio della Lattebusche Zeqja ha preso cinque anni, Fusetto e Vehapi tre anni e quattro mesi. Due assolti



Estorsione a due fratelli: pene per 11 anni e otto mesi. Tre condanne e due assoluzioni per la banda vicentina che aveva chiesto 50 mila euro a Patrick e Steven Calonego, per risparmiare loro la vita. Qualcuno li avrebbe voluti morti, cosa peraltro non vera. Endrit Zeqja ha preso cinque anni di reclusione e mille euro di multa, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per la durata della pena; Giulia Fusetto tre anni e quattro mesi e 600 euro, oltre all’interdizione dai pubblici servizi temporanea per cinque anni; Mendarium Vehapi tre anni e quattro mesi e 600 euro. Assolti Francesko Lila, perché il fatto non sussiste, e Nediat Miftaroski, per non aver commesso il fatto. Sessanta giorni per le motivazioni, sulla base delle quali i difensori Rigoni Stern, Sambugaro e Tandura potranno presentare appello.

La sentenza del collegio formato dai giudici Coniglio, Feletto e Cittolin è arrivata dopo circa un’ora e mezza di camera di consiglio. Il pubblico ministero Marcon avrebbe voluto tre anni e quattro mesi anche per Lila, mentre era stato il primo a sostenere l’assoluzione di Miftaroski, anche se con la formula dubitativa. Ieri una breve replica, alla quale Tandura, l’unico avvocato presente nell’aula del tribunale di Belluno non ha risposto.

La vicenda era cominciata nell’aprile 2015, quando i due fratelli agordini erano andati a Thiene in macchina, dopo un appuntamento preso su Facebook. L’albanese Zeqja e gli altri sarebbero stati incaricati di uccidere i Calonego in cambio di 20 mila euro e il punto di partenza diventa l’osteria ai Tre Gai di Villapaiera di Feltre. I gestori del locale non sono stati indagati in questo procedimento penale, perché “messi in mezzo” dai futuri imputati. Il 19 maggio la fine dell’incubo per le due vittime: la polizia aveva organizzato una trappola ben riuscita nel piazzale della Lattebusche. Qui Zeqja era stato arrestato, in flagranza di reato, al momento d’incassare un acconto di 1.500 euro. Aveva ormai la busta in mano, quando è stato bloccato dagli agenti e portato prima in questura e poi nel carcere di Baldenich. Un ruolo preciso l’hanno avuto anche la compagna di Zeqja, Fusetto (il suo telefonino ha agganciato per due volte la cella di Busche per una telefonata alla madre e una proprio a Zeqja) e il kosovaro Vehapi, che è stato il telefonista. Mentre l’accusa non ha retto per l’altro albanese Lila e il macedone Miftaroski non c’entra niente.

Tutti i difensori avevano puntato sull’assoluzione per non aver commesso il fatto. Secondo loro, le richieste di denaro ai Calonego erano finalizzate a riavere indietro quelli di un prestito e non si trattava certo di un’estorsione. C’era un debito da saldare e nella ricostruzione della magistratura non mancavano le incongruenze, accanto alle zone d’ombra. Invece il processo si è concluso con tre condanne e due assoluzioni. —



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