Ex Form, situazione tesa tra i lavoratori

All’assemblea nello stabilimento di Quero qualcuno sbotta: «Dovremmo essere solidali, ma alla fine ognuno pensa per sé»
gian paolo perona- perona- quero- ex form ora albertini spa
gian paolo perona- perona- quero- ex form ora albertini spa

QUERO VAS. Fuori dalla Cesare Albertini tira aria di delusione e profonda rassegnazione. La prima assemblea con i sindacati è appena terminata, sono le 14 e c'è il cambio turno, ma alcuni di quelli che passano non indossano la divisa. Sono i lavoratori in cassa integrazione straordinaria a zero ore, quelli che non lavorano più dal primo febbraio e che cominciano a non far quadrare più i conti di casa. Alcuni di loro sono i milanesi: i dipendenti dell'ex stabilimento Form di Cormano che sono stati ricollocati gradualmente a Quero «con la promessa di trovare lavoro», inveisce uno di loro all'uscita dello stabilimento. Ha 39 anni, una famiglia e due figli a carico, ma preferisce non qualificarsi, perché il clima è teso è la paura è quella di «subire ripercussioni». Il collega Gaetano Trainito invece, 56 anni e a Quero da uno ma senza la famiglia, che ha preferito restare a Milano, non ha più paura di perdere niente: «Alla peggio mi licenziano», ironizza per alleggerire la pressione. «Stiamo vivendo una situazione brutta: molti di noi non riescono più a pagare l'affitto. Se continua così ci metteremo a dormire in macchina nel parcheggio qua fuori».

Per convincerli al trasferimento, l'azienda aveva garantito ai 30 di Cormano un anno di affitto pagato nel Feltrino. «Mi sono separato per colpa di questa situazione», si confessa il primo, «i miei figli sono da mia madre e io non riesco nemmeno più a mantenerli, i soldi bastano a malapena per me. La cosa più brutta è la rivalità che si è creata tra di noi, quando dovremmo essere solidali e aiutarci, reagire assieme». Anche i sindacati lo chiedono: «Abbiamo richiamato i lavoratori al senso di solidarietà», afferma Luca Zuccolotto della Fiom-Cgil, «li abbiamo invitati ad andare dai propri capi a chiedere la cassa per tutti. Anche perché non ci sono alternative». La tensione è palpabile: «Perché hanno messo a zero ore me e non qualcun altro?», sbotta un altro, 55 anni e da 9 a Feltre, «qui ognuno pensa per sé».

Il sindacato non esclude una mobilitazione: «Attendiamo che si concludano le assemblee negli altri stabilimenti, poi decideremo». C'è chi invoca lo sciopero come unico modo per smuovere le acque. E attirare l'attenzione dell'amministratore delegato Marco De Angelis, che questa settimana non è in azienda: «Siamo nelle mani di una persona che non capiamo davvero cosa stia facendo. La cassa deve servire per risanare un'azienda, non per farla chiudere», tuona Zuccolotto. «Siamo delusi perché non ci viene detta la verità», critica Julio Cesar Ortiz, 55 anni e alla ex Form da 7. A mancare non è solo la trasparenza: è perfino la carta igienica. Nei bagni non si vede da mesi: gli operai se la portano da casa a turno, assieme alla dignità calpestata.

Francesca Valente

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