Fa pipì su un muro nel centro di Feltre: multato di 5 mila euro

Un tunisino aveva impugnato la pesante sanzione Il giudice di pace l’ha confermata, adesso l’appello



Scappa la pipì? Meglio non farla dove capita. Tanto meno su un palazzo del centro di Feltre. Se beccato da una pattuglia dei carabinieri o della polizia, c’è il pericolo di dover pagare una sanzione amministrativa di 5 mila euro per atti contrari alla pubblica decenza. A trent’anni scarsi, la giustificazione dell’incontinenza o della debolezza di vescica non paga per niente.

La disavventura è capitata a un feltrino di origine tunisina, che la sera del 12 agosto di due anni fa ha passato una delle sue giornate più sfortunate: gli è scappata anche una bestemmia in italiano e ha pensato male di dare ai carabinieri di Arsiè nome e cognomi falsi. Un altro centinaio di euro per la blasfemia e un inevitabile patteggiamento, chiesto e ottenuto dall’avvocato Serrangeli, che per la minzione galeotta ha presentato appello e avrà presto un’udienza davanti al giudice Giacomelli.

Quella sera d’estate D.L. era andato a una festa in un locale di largo Castaldi. C’era molta gente, più di quanta ne potesse contenere il locale e qualche giro di bibite c’è stato. A una certa ora, uno stimolo irrefrenabile nella zona del basso ventre e l’impossibilità di farla nell’unico bagno del bar. È mezzanotte e mezza, quando l’uomo decide di farla sul muro di uno stabile, all’incrocio tra via Roma e via Garibaldi. In quel momento, sta transitando una pattuglia dei carabinieri, che lo vede e gli prospetta una contravvenzione, che può andare da 5 a 10 mila euro.

La reazione è istintiva e coinvolge la religione cattolica: vai con la seconda sanzione, che è stata pagata. Infine, i militari gli chiedono un documento, che in quel frangente D.L. non ha. Scrive nome e cognome su un foglio, ma siccome risulta persona conosciuta non è difficile stabilire che non sono quelli giusti. La Prefettura gli manderà il conto, aggiungendo 6,80 euro di spese postali. Serrangeli lo impugna, invocando lo stato di bisogno e sostenendo che il suo assistito aveva solo l’intenzione di orinare, ma il giudice di pace Bottoli rigetta il ricorso. Non rimane che l’appello. —

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