Fa sesso con la fidanzatina del figlio: due anni e quattro mesi

Quarantenne condannato per un rapporto proibito con una ragazzina di 14 anni, anche se consenziente. Ora dovrà risarcire la vittima ed i suoi genitori con centoventimila euro

FELTRE. Sms, lei scrive a lui: «L’altra sera è stato bello». Lui le risponde: «E che non abbiamo dato il cento per cento». Quando una donna legge quei messaggini nel cellulare della figlia capisce che c’è qualcosa che non va. Anche perché quegli sms intercorrono tra la figlia di 14 anni ed un feltrino di 40, che non è un uomo qualunque, ma il padre del fidanzatino di lei. Dalla lettura di quei messaggini, che danno poco spazio a interpretazioni, si è messo in moto un procedimento penale in tribunale a Trento che, pochi giorni fa, si è concluso con una pesante sentenza per il quarantenne feltrino. L’uomo è stato condannato in rito abbreviato dal giudice Francesco Forlenza a due anni e quattro mesi di reclusione per il reato di atti sessuali con minorenne. La pena non è stata sospesa e quindi il difensore dovrà ricorrere in Corte d’Appello per evitare il carcere all’imputato. In questo specifico caso, sebbene la ragazzina fosse consenziente, la legge (con l’articolo 609 quater, 1° comma numero 2) punisce l’adulto che compie atti sessuali col minorenne non ancora sedicenne, di cui è tutore. In parole più semplici, quando i due protagonisti di questa triste vicenda, coperta dal riserbo più stretto perché coinvolge una minorenne, ebbero un rapporto sessuale completo, l’uomo era “tutore” della ragazzina in quanto la stava riportando in macchina nella casa dei genitori. Pesante anche l’aspetto risarcitorio. Oltre al pagamento delle spese processuali e di costituzione di parte civile (duemila euro), l’imputato è stato condannato a risarcire la minorenne con 80.000 euro (ne chiedeva 500.000) ed il padre di lei con 40.000 euro (ne chiedeva 150.000 euro).

La vicenda non si staglia su uno sfondo di degrado ma di due famiglie perbene, seppur separate. Il caso risale all'agosto del 2010 quando, il quarantenne feltrino, che è divorziato dalla moglie, deve riaccompagnare la fidanzata del figlio a casa. Il ragazzino rimane tra le mura domestiche perché deve studiare mentre l'uomo, d'accordo col padre della quattordicenne, la riporta a casa in auto. Devono percorrere in macchina alcuni chilometri per raggiungere l'abitazione del genitore di lei, in provincia di Trento. Solo che quando manca poco alla meta, l'auto del feltrino imbocca una strada secondaria e parcheggia il mezzo su uno spiazzo ai margini della carreggiata, lontano dagli occhi indiscreti di eventuali passanti. A quel punto, l'uomo non nasconde i suoi propositi e la ragazzina non si tira indietro. Quando viene riportata a casa, la quattordicenne non fa cenno a nessuno di quanto è successo. Che qualcosa non va, lo scopre la madre della ragazzina una settimana più tardi, leggendo di nascosto gli sms che la figlia invia e riceve nel suo cellulare. Oltre ai messaggini del fidanzatino, la donna capisce che qualcosa non va in altri sms che portano come "mittente" il nome del padre del ragazzo. Sono messaggi per certi versi inequivocabili.

La madre, preoccupata, chiede spiegazioni alla figlia. Ma la ragazzina nega qualsiasi insinuazione. Partono una serie di telefonate tra le famiglie dei due minorenni. Anche il quarantenne feltrino, interpellato su quegli sms, nega qualsiasi rapporto anomalo con la ragazzina e li giustifica come semplici provocazioni. Ma i genitori della quattordicenne vogliono vederci chiaro. Non si fidano e si rivolgono anche ai servizi sociali. È durante un colloquio con una psicologa che la quattordicenne si scioglie e racconta la verità. Una verità agghiacciante per entrambe le famiglie che fa scattare una segnalazione alla procura della Repubblica. Le famiglie si dividono ulteriormente. Il figlio, dopo che sente il racconto della fidanzatina, ripudia il padre. Da allora non vuole più vederlo nonostante il genitore abbia sempre negato le pesantissime accuse che gli sono state contestate. Ma il tenore di quei messaggi e la versione data dalla ragazzina evidentemente, nel processo celebrato a porte chiuse in un’aula del tribunale di Trento, sono stati ritenuti una prova schiacciante contro qualsiasi giustificazione.

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