Fallimento Ndc: assolti i Da Canal

Padre e figlio erano accusati di bancarotta fraudolenta e ritardo nella richiesta

MEL. Fallimento Ndc: due assolti. Felice e Ivan Da Canal sono usciti dal tribunale con un sorriso d’altri tempi. Il difensore Giorgio Gasperin era riuscito a smontare l’accusa di bancarotta fraudolenta e ritardo nella richiesta di fallimento e i giudici Coniglio, Feletto e Cittolin avevano appena emesso una sentenza di assoluzione, perché il fatto non costituisce reato. Non serve nemmeno aspettare le motivazioni, mentre è proprio quello che farà il pubblico ministero Marcon, che alla fine della propria requisitoria aveva chiesto condanne a tre anni e otto mesi per il padre Felice e tre anni e due mesi per il figlio Ivan, che in definitiva nella carpenteria metallica di famiglia faceva l’operaio e non firmava assolutamente niente.

Hanno pesato l’ultima testimonianza del commercialista, che ha ridimensionato le cifre, e l’arringa di Gasperin, basata anche su una sentenza della Cassazione che risale all’anno scorso e su un’altra della Corte d’Appello dell’Aquila. C’è stata anche una breve dichiarazione spontanea da parte di Ivan Da Canal. Il difensore di fiducia aveva chiesto in prima battuta l’assoluzione per entrambi, in subordine la derubricazione in bancarotta semplice o preferenziale e in ulteriore subordine il minimo della pena con le attenuanti generiche.

L’accusa rivolta ai titolari di una delle aziende che lavoravano molto per la multinazionale Costan di Limana era quella di aver distratto 200 mila euro nel 2006 e altri 500 mila tra il 2006 e il 2010. Somme importanti, prelevate dai conti aziendali accesi in cinque istituti bancari, anche per pagarsi lo stipendio necessario a vivere, senza lasciarsi andare ad alcun tipo di lusso. In più, avrebbero stipulato due contratti di leasing per nuovi macchinari nel 2009, aggravando la situazione, oltre a chiedere l’autofallimento in ritardo. Il fallimento è avvenuto nel 2011. Nessuno dei due aveva una busta paga: Felice si ritagliava 1.200 euro e Ivan aveva un bonifico di 3.500 euro, di cui 2.000 gli servivano per pagare la rata del mutuo della casa.

Durante l’istruttoria del processo è emersa una realtà del tutto diversa da quella prospettata inizialmente dalla procura della Repubblica, sulla base delle indagini della Guardia di finanza. In pochi minuti, si è passati da richieste di condanna a pene pesanti all’assoluzione da tutte le imputazioni, perché il fatto non costituisce reato.

Gigi Sosso

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