Famiglia sotto sfratto senza esito la mediazione
FELTRE. Sfratto esecutivo per una famiglia con tre figli, di cui uno ha soltanto 11 anni. Dopo l’ultimo tentativo di mediazione, l’appartamento a Villabruna, al terzo piano di via San Giorgio 6, è stato abbandonato dagli stessi inquilini.
Non ha sortito risultati ieri mattina la trattativa da parte dell’avvocato Fabio Targa del foro di Padova, che chiedeva all’Azienda feltrina per i servizi alla persona di rimandare di una settimana lo sgombero coattivo dell’alloggio popolare, essendosi aperta da qui a qualche giorno una disponibilità lavorativa per Jaouad El Hammoudi, il padre famiglia.
Una prospettiva per ricominciare a pagare i 6 mila euro di arretrati del riscaldamento, che però non ha fatto breccia. Il colloquio è durato circa mezz’ora, dopo di che i carabinieri e la polizia locale hanno effettuato un sopralluogo all’interno dell’abitazione e alla fine è intervenuto il tecnico che ha provveduto alla sostituzione delle serrature.
«Ci sentiamo umiliati, non è giusto. Sono disponibile a pagare, ma un po’ alla volta. Non sono un delinquente, ho sempre lavorato. È una cosa indegna», si sfoga il cinquantenne marocchino che vive in Italia da una trentina d’anni con permesso di soggiorno. Da parte loro i servizi sociali hanno messo a disposizione la casa della Caritas come alternativa, temporaneamente, che prevedeva però la divisione del nucleo familiare perché l’alloggio non ha la metratura sufficiente per cinque persone. El Hammoudi ha rifiutato, non volendo separarsi dalla moglie e dai figli. «Non viene offerta una soluzione idonea», le parole dell’avvocato Targa, che adesso prospetta un esposto alla Procura della Repubblica per valutare l’operato dell’Azienda feltrina. «Un minore di undici anni è stato portato via dalla sua abitazione», sottolinea il legale.
Ieri la famiglia marocchina ha provato anche a bussare alla porta del sindaco in municipio. «Chiedo un alloggio in cui stare insieme alla mia famiglia. Alla Caritas saremmo divisi e non è giusto. I miei figli sono nati qua, sono cittadini italiani e hanno bisogno di tutti e due i genitori», dice Jaouad El Hammoudi. «Mi hanno chiamato a un colloquio per un lavoro e adesso mi hanno rovinato. Se avessi potuto, avrei già pagato. Non ho reddito, vado a lavorare qua e là per guadagnare un pezzo di pane. Sono senza riscaldamento e i bambini hanno freddo», racconta sconsolato. «Sono disponibile a pagare il debito con una piccola cifra ogni mese, però mi hanno risposto di no e mi hanno sfrattato. Allora ho chiesto un alloggio e l’Azienda feltrina ha detto che ci avrebbero portato alla Caritas per un mese, temporaneamente, per poi arrangiarci».
Raffaele Scottini
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