Fanigliulo: «Nessun calcio a Osarenkhoe»
Il maresciallo risponde alle domande del pubblico ministero sulla multa, i memoriali di servizio e la sua rete di rapporti
MEL-LENTIAI. In qualche momento, ricordando gli amici più cari e il suo percorso nell’Arma, si è anche emozionato. Ma per gran parte del tempo è rimasto calmo, rispondendo alle domande del pubblico ministero Roberta Gallego e dei difensori con ricchezza di particolari e talvolta un eccesso di zelo che il presidente del collegio giudicante ha dovuto contenere. Ieri in tribunale a Belluno i microfoni si sono accesi per Cosimo Fanigliulo, protagonista suo malgrado di uno dei processi più complessi dell’ultimo periodo e che lo vede imputato insieme al comandante dei vigili di Lentiai Fabio Cavalet, al sindaco di Lentiai Armando Vello e ai carabinieri Nicola Eramo e Giovanni Agricola. Il maresciallo, classe 1977, è a processo per i fatti accaduti mentre era al comando della stazione di Mel. Oggi risiede a Nervesa della Battaglia, dove è vicecomandante di stazione.
La multa della discordia.
Punto dopo punto, il pm ha affrontato tutti i reati contestati a Fanigliulo. Si è partiti dalla multa assegnata all’auto del maresciallo durante un controllo a Lentiai e che avrebbe pagato il comandante dei vigili Cavalet. Ma chi era davvero alla guida dell’auto, quel 18 settembre 2013? «Non lo posso dire con certezza» spiega Fanigliulo, «il 17 dicembre Cavalet venne nel mio ufficio per notificarmi il verbale. C’era un rapporto di stima e quando uscì dissi ai carabinieri presenti “Guardate l’amicizia” sottolineando il fatto che l’aveva portata di persona, invece di affidarla al postino. Quella frase aveva quel tono e nessun altro». Cavalet, ricorda Fanigliulo, si offrì anche di pagare la multa al posto suo, togliendolo dall’imbarazzo di andare a Lentiai, facendosi poi consegnare dal maresciallo i 168 euro necessari. «Mi disse che poteva togliersi i punti della patente al posto mio perché in quel periodo aveva effettivamente usato la mia macchina ma la presi come una battuta».
Rapporti e relazioni.
La deposizione di Fanigliulo è stata anche l’occasione per delineare la complessa rete di relazioni che gira intorno al maresciallo. A partire dall’assistente di polizia locale di Lentiai che elevò la multa e che successivamente denunciò i fatti alla Procura. Una persona che Fanigliulo conosceva perché coinvolta in una vicenda di cattivi rapporti di vicinato. A partire dall’aprile 2014 i contatti con questa persona cambiano, ricostruisce il maresciallo, l’assistente diventa «sfingeo».
Memoriali di servizio.
Non è meno complesso il quadro delineato all’interno della caserma di Mel, dove Fanigliulo arriva nel settembre 2012. «Io ho dato la mia vita all’Arma» spiega il maresciallo, con una punta di emozione, ricostruendo il suo percorso nei carabinieri. Eppure è proprio all’interno della caserma che nascono le contestazioni sui suoi orari di lavoro ora al centro di un’accusa con rilievo penale. Fanigliulo ha imputato le discrasie tra i memoriali di servizio e l’effettiva presenza in caserma a «aspetti tecnici delle celle telefoniche» alle quali si è ricorso durante l’indagine, oltre che a negligenza nell’aggiornare i memoriali dopo ore di effettivo servizio.
Il caso Osarenkhoe.
«Mai» ha dato calci a Osarenkhoe, «mai» gli ha messo le mani addosso. Queste le risposte date da Fanigliulo al pm durante la sua deposizione. Questa volta tocca al maresciallo spiegare quanto ricorda di quei concitati momenti tante volte ricostruiti durante le udienze passate. Fanigliulo ha poi risposto alle domande della difesa, sia a quelle del suo avvocato Gabriele Mometti (studio Riponti) sia quelle delle difese Eramo e Agricola (legali Licini e Cesa), concludendo con quelle del legale di Osarenkhoe (avvocato Rech), che si è costituito parte civile.
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